AFC Stories: Al-Malik Mohammed Noor e la Golden Era dell’Al-Ittihad

La storia di Al-Malik Mohammed Noor, uno dei calciatori della penisola araba più iconici dell’ultimo ventennio, leggenda di Jeddah e dell’Al-Ittihad, protagonista nel bene e nel male, dato che la sua carriera è di fatto finita a causa di una squalifica per doping

La Mecca, capoluogo dell’Hegiaz, occupa il Sud-Ovest dell’Arabia Saudita ed è fin dagli albori una delle cttà più importanti del mondo intero. La presenza della Masjid al-Haram, rende ogni anno, il Luogo Santo, ricco di milioni di persone addizionali ai già due milioni di persone che costituiscono popolazione standard. Qui, si assistì alla nascita di quello che sarà, una delle più grandi leggende nel mondo del calcio saudita. Così, il 18 Rabi al-Awwal 1398 equivalente al nostro 26 Febbraio 1978 nacque Mohammed Noor.

Il contesto storico e geopolitico fecero già intuire che Mohammed sarebbe stato molto speciale: nato nel mese della prima primavera, nella città santa e un attimo prima che il macrocosmo saudita si preparasse ad affrontare la diaspora mediatica che per il prossimo ventennio avrebbe tolto il Paese dai riflettori mondiali. Al piccolo Mohammed, piace così tanto giocare al pallone per le strade de La Mecca che riuscì a farsi notare, involontariamente, da degli osservatori dell’al-Ittihad, club della massima serie calcistica saudita, in cerca di riscatto, che dentro il giovane riconobbero dell’enorme talento e furono pronti a portarlo a 60 kilometri di distanza da casa.

Fu così che il 15enne Noor si trasferì da giovanissimo a Jeddah per provare a concretizzare la sua più grande passione. Dopo aver trascorso 4 anni, nella squadra Under 23, a cavallo del 1997, Mohammed Noor, centrocampista “tuttocampista” (tanto da essere definito il Patrick Viera d’Arabia) è pronto per approdare in prima squadra, attuale detentrice del titolo.

Il primo anno di Noor nell’allora Saudi Premier League è di transizione: il team concluse il campionato a metà classifica, risultato tutt’altro che positivo, non riuscendo ad entrare nelle Golden Four (la vecchia Saudi Premier League prevedeva che le quattro squadre in cima alla classifica al termine della regular season andassero a sfidarsi secondo la più classica della modalità playoff per assegnare il titolo). La successiva stagione, invece, ha visto le Tigri di Jeddah arrivare prime, sia per il tabellone della regular season (a pari punti con l’al-Hilal) sia per i playoff che hanno portato la loro corsa alla conquista del titolo.

Da allora, l’Al-Ittihad, non ha avuto modo e soprattutto intenzione di fermarsi: 6 degli 8 campionati che le Tigri di Jeddah vantano all’interno della propria bacheca, sono stati vinti con Mohammed Noor presente tra i calciatori in rosa. Tutto questo, potrebbe sembrare solo una coincidenza, invece con i dati alla mano il primo accorgimento che salta subito agli occhi, è che il 90% per trofei totali detenuti dall’al-Ittihad sono arrivati durante il quasi ventennio che lo ha visto militare a Jeddah.

Sul campo Noor riuscì a guadagnarsi il soprannome di al-Malik (il re) per via della supremazia e dell’impronta di gioco che assegnava al proprio team, oltre che per l’altezza (1.85m) dove era sopra la media del classico saudita. Nonostante sia nato come centrocampista centrale, ha svariato tra tutte le posizioni della zona di metà campo, diventando un giocatore innovativo, per via della sua versatilità e duttilità che in Asia a quei tempi era praticamente inesistente. Inoltre a renderlo ancora più unico è stato l’uso delle cosiddette skills, è stato, quindi, precursore in tutto il continente dei “giochetti” che hanno fatto innamorare gli appassionati: colpi di tacco e finte di ogni tipo, portavano all’estasi i tifosi.

L’allora CT della nazionale saudita Milan Macala, dopo la visione del suo indiscusso talento, lo convocò nel 2000 per la spedizione della Coppa d’Asia disputatasi in Libano; Noor e compagni riuscirono, a sorpresa, a giungere fino alla finale , sconfiggendo il Kuwait e la Corea del Sud di Lee Dong-Gook; furono poi sconfitti dal Giappone per 1-0, terminando la competizione, dunque, da vicecampioni.

In quello che è stato, senza dubbio, il suo periodo di forma migliore è salito per ben due volte consecutive sul tetto d’Asia con il suo al-Ittihad (2004 e 2005), oltre che essere il top scorer del club nonostante il ruolo: nel 2004 la finale si disputò contro i sudcoreani del Seongnam che all’andata si imposero per 3-1, prima di essere poi totalmente disintegrati e ribaltati nella gara di ritorno per 5-0 e nel 2005 invece vinsero il derby con i cugini emiratini dell’al-Ain.

Parallelamente, la Nazionale dell’Arabia Saudita dove al-Malik militò non si tolse molte soddisfazioni: partecipò ai Mondiali di calcio del 2002 e del 2006 ma usci’ dopo il piazzamento ottenuto nella fase ai gironi.

Ma come la storia spesso insegna, dopo gli anni migliori la parabola deve sempre avere una rotta discendente e peggiorare, infatti a partire dal 2012 le tigri di Jeddah terminarono le stagioni anticipatamente per via dei scarsi risultati, Noor si ritirò dal giro della nazionale ed in seguito, l’anno successivo l’al-Ittihad fece fronte ad una crisi finanziaria, che portò ad un forte indebitamento: così dopo anni di glorie fu costretto alla cessione del suo masterpiece; il 15 aprile del 2013, al-Malik Mohammed Noor, a 35 anni, firmò un contratto con l’al-Nassr di Riyadh. Fu un anno complicato anche per al-Malik, causa l’età, che non gli permetteva di essere sciolto come una volta e gli infortuni alla quale era più esposto. Nonostante tutto, riuscì a totalizzare 20 presenze ed essere a suo modo decisivo a quella che per i Faris Najd sarà la conquista della Saudi Pro League.

Essere trattato da leggenda qual’era e vincere titoli, entrando a far parte di un organico notevolmente superiore a quello del suo precedente team, non era tutto per Mohammed, che dopo un solo anno decise di decimare il proprio stipendio a prezzi accessibili per l’al-Ittihad, che nel mentre riuscì a trovare stabilità, grazie all’ottimale gestione della crisi da parte del neo chairman Ibrahim Albalawi, il quale in una sola stagione aveva portato la soglia dei debiti vicina allo zero. Noor fece, in questa maniera, dietrofront migrando dalla capitale a quella che era di fatto casa sua: Jeddah.

Insieme a lui la campagna acquisti del club portava il fantasista Marquinho, arrivato in prestito dalla Roma, il centrale di difesa del QPR Samba Diakite ed il designato attaccante Didier Ya Konan, ivoriano proveniente dai tedeschi dell’Hannover. Al termine della stagione l’al-Ittihad non riuscì ad arrivare al titolo ambito, ma migliorò la posizione in un 4o posto che valse l’accesso alla Champions League.

La stagione successiva, invece, successe quello che può essere considerato il più grande colpo di scena della storia del calcio arabo: il 27 Novembre 2015 dopo la partita tra Al-Khaleej e Al-Ittihad (terminata 2-2) furono effettuati dei controlli antidoping che dopo lo svolgimento decretarono che la leggenda saudita Mohammed Noor presentasse positività all’anfetamina. Dopo una prima squalifica, che costrinse Noor fuori dai campi per il resto della stagione, tra lo stupore del pubblico, sicuro di un possibile malinteso, il TAS di Losanna accolse il ricorso della Fifa squalificando per ulteriori 4 anni, quello che insieme a Majeed Abdullah è stato il più grande calciatore della storia saudita.

Mohammed Noor Al-Hawsawi | Mohammed Noor Al-Hawsawi (Arabic:… | Flickr

A dicembre 2020, Noor terminerà il suo ban e annuncerà il suo ritiro ufficiale all’età di 42 anni; da tifoso è triste vivere questo momento e assistere al ritiro di un proprio mito secondo questa spiacevole dinamica che ha portato alla caduta di una leggenda e di conseguenza del suo team: infatti, da allora l’al-Ittihad cadrà sempre più nel baratro e nonostante gli investimenti e la disponibilità economica, registrerà col passare degli anni il record negativo dalla nascita del club per quanto riguarda la Saudi Pro League e tutte le altre competizioni (ricordiamo infatti che l’al-Ittihad quest’anno è in lotta per la permanenza nella massima serie).

Questo è l’ennesimo caso che punta a dimostrare quanto sia importante e faccia la differenza quando i giocatori sono legati emotivamente ad un club e ad oggi, nonostante tutto, possiamo dire che al-Malik Mohammed Noor sia uno dei pochi del mondo a poter essere considerato tale.

All Asian Football Magazine: disponibile il primo numero (clicca qui per l’acquisto)