Come il 70mo Anniversario della Repubblica Popolare Cinese ha influenzato negativamente Pechino

Manca poco al grande giorno, primo ottobre il giorno in cui il Partito Comunista Cinese celebrerà il 70mo anniversario dal suo insediamento. Ovviamente non possiamo che ammirare quella che è stata la grande crescita della Cina, un paese che usciva martoriato, ma finalmente unificato dopo la Seconda Guerra Mondiale, per poi attraversare un altro periodo molto buio della sua storia con i deliri di Mao Zedong e della Rivoluzione Culturale.

Vedere dove è arrivato oggi il paese asiatico è un miracolo: la principale economia Mondiale, il mercato maggiormente attrattivo, terra di innovazione tecnologica e di brand che si stanno prendendo fette importanti del mercato globale. Un paese con molteplici opportunità per potersi realizzare, nel quale si può diventare milionari dall’oggi al domani. Un paese nel quale, scrive il celebre scrittore Yu Hua: «Un occidentale avrebbe dovuto vivere quattrocento anni per assistere agli stravolgimenti che i cinesi hanno visto in appena quarant’anni».

La Cina si è finalmente aperta al mondo, sia dal punto di vista dei mercati che a livello culturale, e con l’iniziativa della One Belt One Road, con gli investimenti lungo la Via della Seta, si vuol porre di guidare uno sviluppo globale nel segno della crescita reciproca, come abbiamo avuto modo di analizzare nel caso africano legato allo sport con i suoi pro e i suoi contro.

Eppure siamo in un periodo storico di forti tensioni, e piuttosto che celebrare l’orgoglio della Cina questo anniversario sta portando la tensione e la paranoia dei vertici del partito alle stelle. La propaganda in atto non è certamente amichevole e armoniosa a causa dei conflitti che il governo di Xi Jinping sta vivendo, su un fronte la Guerra Commerciale con gli USA, dall’altro le delicata situazione interna ad Hong Kong, senza dimenticare le tensioni riguardanti Taiwan, il Mar Cinese Meridionale e la regione turcofona dello Xinjiang.

Il Governo Cinese piuttosto che voler mostrare al mondo il volto di una Cina ricca e moderna sembra voler mostrare i muscoli, tornando a chiudersi in se stessa poco a poco, con il propagarsi di un pericoloso nazionalismo, nel quale la propaganda ricerca costantemente un nemico esterno. Il presidente Xi Jinping ha esortato la popolazione a mantenere un ‘animo combattivo’, e durante la parata sfileranno anche missili a lunga gittata per voler lanciare un segnale chiaro alle altre nazioni.

Sport e propaganda

Questo sentimento, estremamente pesante, ha raggiunto anche la Nazionale Cinese di Marcello Lippi. Prima della partenza per la sfida contro le Maldive (poi vinta 0-5 con doppietta del naturalizzato Elkeson), il neo presidente della federazione, Chen Xuyuan ha organizzato una cerimonia di giuramento. I convocati presenti hanno giurato di “combattere fino alla morte per l’onore della nostra patria”, come se dovessero scendere in guerra piuttosto che giocare una partita di calcio (per quanto importante).

Nei giorni scorsi la Chinese Football Association ha pubblicato un video, ripreso su Twitter da Titan sports plus, nel quale giocatori della Nazionale, maschile e femminile, cantano ‘Me and my motherland’ per celebrare l’imminente  70mo anniversario. Fra chi si esibisce ai microfoni vi è anche il naturalizzato Nicholas Yennaris, mentre Elkeson appare in un breve frammento di video.

Durante l’ultimo turno di campionato invece, possiamo ammirare una bellissima cartolina da Guangzhou: prima del fischio d’inizio della partita dell’Evergrande, al centro del campo è stata posizionata un’immensa bandiera cinese, mentre sugli spalti del Tianhe Stadium riecheggiavano le note di ‘Ode alla madre patria’, una celebre canzone patriottica.

Già all’inizio di settembre il Governo ha iniziato a far sentire la sua netta influenza negli stadi, a partire da Zibo, nella seconda divisione cinese, in un palcoscenico con 16.000 spettatori che non è passato certamente inosservato. Ecco dunque che la propaganda del Partito Comunista Cinese è entrata direttamente nelle curve, ambienti che, anche in Cina, presentano un contesto di dissidenza più o meno manifesta.

Sport e controllo

Pechino si prepara ad ospitare la parata del primo ottobre, in un clima di ferreo controllo, la città negli ultimi mesi è stata blindata oltre ogni ragionevole preoccupazione che piuttosto che manifestare la forza del partito, ne espone un atteggiamento paranoico. Tutti gli eventi, sportivi, musicali o festival di altro tipo, che potenzialmente possono radunare anche poche migliaia di persone, sono stati sospesi.

Ad esempio il Festival della Pizza, uno degli eventi mondani più in voga dell’estate di Pechino, previsto per la metà di agosto, dunque un mese e mezzo prima della parata, è stato posticipato al 19 ottobre. L’area attorno allo Stadio dei Lavoratori, nel quale passerà la parata, è stata letteralmente blindata e vari locali notturni sono stati fatti chiudere per tutto il mese di settembre, come se nell’intera città fosse proibito qualunque tipo di svago.

Anche lo sport non è stato esente da quest’atto di controllo maniacale: nel calcio i calendari sono stati realizzati in modo che le squadre di Pechino fra prima e seconda divisione giocassero in trasferta e ove non possible, non farle scendere assolutamente in campo. Il Beijing Guoan ha disputato gli ultimi tre turni in trasferta, mentre la Beijing Sports University lo stesso a settembre ha giocato le tre partite di League One lontano da Pechino.

Peggio è andata al Beijing Renhe, squadra che sugli spalti a meno di grandi occasioni non raduna oltre 4.000 persone in una zona estremamente periferica, è stata costretta a posticipare le gare del 24mo e 25mo turno dopo la celebrazione del 70mo anniversario. Il Beijing Renhe ha giocato la sua ultima partita di Chinese Super League il 14 agosto e scenderà nuovamente in campo il 13 ottobre.

Caso simile per la rappresentativa femminile di Pechino, con la Chinese Women’s Super League che si è conclusa lo scorso weekend. Il Beijing Phoenix FC che ha chiuso al quinto posto, è stato costretto a disputare le ultime quattro gare di campionato in trasferta.

L’Hockey invece è stata la miglior rappresentazione dell’eccessivo controllo del governo cinese: il Kunlun Red Star, team della Kontinental Hockey League (manifestazione che include team di Russia, Bielorussia, Finlandia, Lituania ecc..), doveva iniziare la stagione come da piani a Pechino, ma è stato costretto a doversi spostare a Shenzhen, nell’estremo sud del paese, al confine con Hong Kong.

Come suggeriva qualche settimana fa il sito Beijinger.com, fra i consigli su come evitare problemi ed eccessivi controlli che possono influenzare la nostra vita a Pechino: lasciare la città e tornare dopo la celebrazione dell’anniversario.