#RoadtoUAE2019 | La parola agli esperti (Calcio da Dietro): focus sulle squadre arabe, sarà l’anno del Qatar?

Il mondo arabo è quello maggiormente in presente in questa Asian Cup: nella sezione ‘La parola agli esperti’, per la rubrica #RoadtoUAE2019, abbiamo intervistato Alessandro Mazzer, membro e fondatore della pagina facebook e sito web d’approfondimento ‘Calcio da Dietro’, dove più volte ci ha proposto letture interessanti e focus sullo sviluppo del calcio arabo sia a livello di nazionali che di club. Gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita ed il Qatar rappresentano le squadre più quotate, ma vi sono anche molte rappresentative minori che possono ben figurare alla manifestazione. La parola dunque ad Alessandro, per scoprire la regione asiatica maggiormente presente alla manifestazione.

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Alberto Zaccheroni: ct degli Emirati Arabi Uniti

Emirati Arabi Uniti: la nazionale padrone di casa non sta andando benissimo nelle ultime amichevoli, ed il ct, Alberto Zaccheroni, sembra non essere riuscito a plasmare la squadra, inoltra Omar Abdulrahman è out per infortunio…Ali Mabkhout e Khalil potenzialmente sono una coppia d’attacco micidiale. Credi possano risolvere i problemi della nazionale o dobbiamo aspettarci un risultato deludente?

Partiamo dal presupposto che gli UAE possono godere di un girone tutto sommato abbordabile, nonostante due realtà calcistiche potenzialmente in ascesa come Thailandia e India (quest’ultima agli albori del processo) e una selezione piuttosto scorbutica come quella bahrenita. In questo senso, il format a 24 squadre permette anche alle quattro miglior terze di accedere al turno successivo e per questo motivo pensare a un’eliminazione così prematura degli UAE (padroni di casa) rientra in una casistica piuttosto severa. Certamente gli UAE non saranno protagonisti di questa competizione. L’assenza di Omar Abdulrahman ha lo stesso valore di quella che sarebbe stata una mancata partecipazione di Maradona a Messico ’86. Omar avrebbe potuto letteralmente trascinare una squadra mediocre e in crisi d’identità, come quella emiratina, verso risultati veramente inaspettati (come del resto già accaduto in passato). Zaccheroni ha fondamentalmente dato solidità alla squadra: nelle amichevoli giocate nel 2018, gli UAE hanno preso solamente otto gol in nove partite. Allo stesso tempo, il rovescio della medaglia dice una sola vittoria (contro il Laos) in tutto l’anno solare, nonostante sfide potenzialmente alla portata contro Andorra, Trinidad, Honduras e la stessa Thailandia. Il punto è che gli UAE, rispetto ad altri paesi arabi come Arabia Saudita o Qatar, ha uno scarsissimo coefficiente di talento a disposizione, assorbito tutto dal numero dieci che, come già detto, non potrà essere presente. Khalil e Mabkout rappresentano sicuramente dei profili competitivi nel reparto offensivo, ma non appena il livello tattico della partita si alzerà, presumibilmente dagli ottavi di finale in poi, il loro peso offensivo potrà fare poco senza alcun supporto dai reparti arretrati. L’obbiettivo degli UAE dovrà essere quello di evitare brutte figure.

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Pizzi: ct dell’Arabia Saudita

Anche l’Arabia Saudita di Pizzi nel post mondiale non è che sia andata benissimo con pareggi con Iraq Bolivia e Giordania, sulla carta inferiori. La nazionale araba ha vinto recentemente la AFC U19, qualche giovane in rampa di lancio? Inoltre, come credi che la possibilità per i club sauditi, di schierare 8 stranieri a partita dal primo minuto, possa influenzare la nazionale?

L’Arabia Saudita ha un grandissimo problema: la mancanza di un vero centravanti che possa concretizzare l’enorme mole di gioco prodotta. Pizzi ha estremizzato il concetto di tiki taka da quando arrivato sulla panchina saudita. Van Marwijk faceva sì un calcio di possesso, perchè oggettivamente i sauditi sono calciatori piuttosto piccoli e tecnici, ma basato anche su improvvise verticalizzazioni negli ultimi venticinque metri, soprattutto verso l’inserimento del terzino o della mezzala. Con Pizzi il giro-palla è diventato ancor più importante e per quanto la squadra sia in grado di poterlo sopportare, in realtà spesso viene facilitato il rintanarsi dell’avversario nella propria trequarti. A quel punto, per i sauditi diventa difficile trovare contromisure adeguate, soprattutto se non hai la possibilità di appoggiarti fisicamente su di un riferimento centrale. Il problema dei tanti pareggi ottenuti in amichevole si è rivelato proprio questo. Sahlawi, capocannoniere delle qualificazioni mondiali asiatiche, è stato accantonato dopo la brutta figura personale al Mondiale: sinceramente non mi trovo d’accordo, perchè il centravanti saudita si è spesso dimostrato immarcabile nel contesto asiatico e comunque può garantire un minimo di impatto fisico in una formazione che ne ha disperato bisogno. Sono stati provati Hattan Bahbir, fondamentalmente un trequartista prestato al ruolo di attaccante centrale, e Haroun Camara, giovanissimo centravanti originario della Sierraleone, su cui Pizzi punta moltissimo. Entrambi però sono piuttosto gracili e non riescono a farsi carico dell’intero reparto. Sarà sicuramente convocato Turki Al-Ammar, classe 1999, astro nascente del calcio saudita, nominato miglior calciatore dell’ultima competizione asiatica Under 19 nonchè miglior giovane calciatore negli ultimi AFC Awards. Anche lui, tuttavia, va ad aggiungersi a un batteria di trequartisti veramente folta, di cui fanno parte anche elementi navigati come Al Shehri, Al Dawsari, Al Muwallad, visti in Liga spagnola nello scorso semestre. In generale, è una squadra dall’enorme potenziale tecnico ma che gioca, a mio avviso, un calcio ormai anacronistico. Probabilmente, al primo scontro diretto contro una formazione che fa dell’atletismo la propria forza, come per esempio Austrialia o Corea del Sud, pagherà dazio. Per quanto riguarda il crescente numero di stranieri nel campionato saudita, questo non può che giovare al movimento interno. I sauditi finalmente potranno competere contro calciatori cresciuti e abituati a un calcio molto più esplosivo, potendo così migliorare in termini di skills. Del resto, la selezione Under 19 ha appena vinto il torneo continentale di categoria, quindi il fatto che l’aumento degli stranieri vada a incidere negativamente sulla competitività dei calciatori locali è assolutamente non veritiero.

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Akrim Afif (22) una delle più grandi promesse del calcio qatariota

Il Qatar può essere pronto per un salto di qualità nel calcio asiatico? Gli ultimi risultati sono incoraggianti, in particolar modo la vittoria con la Svizzera. I giovani Akram Afif e Almoez Ali possono essere pronti per prendersi le luci della ribalta a gennaio?

Il Qatar, per quanto dimostrato nell’ultimo periodo, rappresenta una serie candidata per i primi tre posti. Quando pensiamo al Qatar dobbiamo sempre renderci conto di come il progetto calcistico sia iniziato ormai quindici anni fa con l’istituzione dell’Aspire Academy. Al di là del campionato locale, che ha trovato una dimensione intermedia nel panorama asiatico (e che difficilmente potrà aumentare, dal momento che il numero degli stranieri rimane ancora fissato a 3+1 e perlopiù rappresentato da calciatori giovani di terzo livello o vecchie glorie all’ultimo contratto, a differenza di quando sta accadendo invece in Arabia Saudita), è stato proprio il progetto Aspire a fare la differenza nella crescita tecnica e tattica della selezione qatariota. I ragazzi locali hanno potuto crescere calcisticamente accompagnati da tecnici di primissimo livello, chiaramente stranieri (soprattutto spagnoli). Non solo: i migliori prospetti dell’accademia hanno potuto anche fare (e stanno chiaramente facendo anche ora) esperienze più o meno durature in Europa, grazie alle diverse proprietà che l’Aspire può vantare nel Vecchio Continente (KAS Eupen, Cultural Leonesa, collaborazioni varie). I vari Afif, Almoez, ma anche Hassan, nominato miglior calciatore asiatico dell’anno negli ultimi AFC Awards (e pronto per il salto europeo, chiaramente in una realtà come quella del KAS Eupen), nascono proprio da questo preciso e studiato percorso accademico. Siamo davvero lontani dalla nazionale qatariota definita da elementi naturalizzati e già avanti nella propria carriera. La selezione che andrà a giocare la Coppa d’Asia sarà costituita quasi interamente da calciatori nati in Qatar e passati attraverso il percorso formativo dell’Aspire, nonchè attualmente in un’età compresa tra i 20 e i 26 anni. Un gruppo giovane, cresciuto con gli stessi principi morali e calcistici, abituato a una precisa concezione di calcio, che fa del dominio del possesso e delle verticalizzazioni improvvise il proprio mantra. Non sono allo stesso livello di Giappone e Corea del Sud (e mai lo saranno), ma possono fare molto bene.

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Ali Adnan (25) il centrocampista dell’Atalanta, stella della nazionale irachena

Tante squadre dal mondo arabo parteciperanno a questa manifestazione allargata: Iraq, Palestina, Giordania, Oman, Bahrain, Siria e Libano… secondo te fra queste chi ha le carte in regola per stupire ed arrivare ai quarti di finale?

Tutte le squadre che hai citato sostanzialmente si equivalgono in termini di peso specifico nell’ambito della competizione, nel senso che saranno difficile da affrontare e potranno regalarsi qualche soddisfazione. Detto questo, difficilmente vedremo una di queste selezioni in semifinale. L’Iraq è sicuramente un gruppo da non sottovalutare. Ha un tecnico esperto e preparato (Katanec), oltre a vari elementi che giocano a un livello più che discreto, tralasciando il noto Ali Adnan (Atalanta): Tariq e Resan, calciatori offensivi, giocano nelle due principali formazioni iraniane (Esteghlal e Persepolis), diversi elementi giocano in Qatar Stars League, mentre Putros è la novità delle convocazioni di Katanec, pescato in Danimarca nell’Hobro. Anche la Palestina può contare su tanti ragazzi che hanno fatto valere le proprie origini palestinesi nonostante da tempo vivano in giro per il Mondo, ma a differenza dell’Iraq, nessuno di questi raggiunge un livello veramente significativo per poter fare la differenza. Troviamo elementi che militano nelle seconde divisioni di campionati europei di secondo o terzo livello, oltre a qualche ragazzo che militano in campionato nord o sudamericani di secondo piano, come l’USL o la seconda divisione cilena. Hanno sicuramente grandi motivazioni per tenere alto l’onore dei propri colori, ma ciò non basterà per andare oltre alle evidenti difficoltà tecniche che si verificheranno contro avversarie ben più quotate. La Giordania ha una rosa complessivamente mediocre, ma può contare sul talento di Al Taamari, trequartista offensivo che sta facendo benissimo con l’APOEL Nicosia e che sta attirando su di sè l’attenzione anche di club italiani. Un calciatore così abile tecnicamente e abituato agli standard e ritmi del calcio europeo può veramente fare la differenza in una competizione come questa. Oman e Bahrein, infine, le vedo meno indicate a configurarsi come potenziali sorprese. Certo l’Oman arriva da campione in carica dei Giochi del Golfo, e il Bahrein forte dell’accordo con la federazione saudita che consentirà a due formazioni locali di partecipare alla prossima Saudi Professional League, ma attualmente non hanno nè qualità tecniche nè curriculum adeguati per poter ambire oltre il superamento della fase a gironi.