L’Ultimo Uomo: i cinesi non sono tutti uguali

Con la recente acquisizione del Milan da parte di Yonghong Li sono ben 25 i club nel mondo di proprietà o a compartecipazione cinese: si va dalla nostra Serie A, alla Liga Spagnola, fino ad arrivare al campionato regionale di Setubal in Portogallo, o in Brasile con il Desportivo Brasil e in Australia con il Newcastle Jets.
Alla moltitudine di club acquistati dai cinesi, per capire l’influenza acquisita dalla Cina sull’industria calcistica, dobbiamo aggiungere il sistema di potere costituito dal ceto imprenditoriale più o meno direttamente legato al governo centrale: la Dalian Wanda di Wang Jianlin (uomo più ricco di Cina e proprietario del 20% delle quote dell’Atletico Madrid) nel 2015 ha acquistato Infront, la società svizzera che produce e mette all’asta i diritti tv dei maggiori campionati europei (fra cui la Serie A, che porta nelle casse di Infront il maggior fatturato) e delle competizioni FIFA (FIFA con cui tra l’altro ha stretto un accordo di sponsorizzazione nel marzo del 2016); il broadcaster pechinese Baofeng e il fondo immobiliare Everbright, invece, nell’estate 2016 si sono aggiudicati il 65% di MP&Silva, l’agenzia che, per intenderci, commercializza la nostra Serie A all’estero.

Oltre al mercato televisivo, per capire la recente espansione cinese è importante tenere conto delle potere politico delle sue sponsorizzazioni in un’istituzione in crisi come la FIFA, che a seguito dello scandalo del 2015 ha visto fuggire i maggiori partner commerciali. La fuga di sponsor ha favorito proprio l’assalto delle società cinesi, quali la già citata Dalian Wanda (main sponsor fino al 2030) e Hisense.

Queste sponsorizzazioni non vanno viste semplicemente come una questione finanziaria, ma anche di potere politico. In primo luogo per via dell’influenza che la Cina sta cercando di esercitare sulla FIFA per l’assegnazione del mondiale 2030 (dato che l’edizione del 2026, che comunque la Cina non potrebbe ospitare, sembra essere sempre più sicuro che andrà ad USA, Canada e Messico). Secondo poi per la volontà della Cina di mantenere la totale immunità del proprio movimento che, stando alle regole vigenti della FIFA, sarebbe punibile con la squalifica della nazionale e dei club da tutte le competizioni, data l’ingerenza del governo negli affari federali – come, ad esempio, nel caso della restrizione sul numero degli stranieri in campo e della squalifica al centrocampista dello Shanghai Shenhua Qin Sheng per ben sei mesi a causa del pestone su Witsel.

L’espansione cinese è intrecciata a ragioni politiche ed economiche, e l’Italia è diventata parte di questo disegno con l’Inter e il Milan come principali asset. Le due squadre di Milano sono state protagoniste ad aprile del primo derby completamente cinese, se così si può dire: com’è noto la partita si è giocata alle 12:30 per poter essere visibile a Pechino alle ore 18:30, un orario comodo per il pubblico oltre la Grande Muraglia affamato di calcio, nonostante la nostra Serie A non abbia ancora lo stesso appeal di altri campionati, come la Premier e la Liga.

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