Chinese Tour: si chiude il cerchio al Fengtai

21 agosto

Sono esausto. Il giorno prima mi ero diretto a Tianjin per la partita fra il Teda e lo Shandong Luneng (doppietta di Pellè fra l’altro). Torno a Pechino fra tutto alle due e mezza di notte, il cinese in camera mia russa che è una meraviglia. Il 21 mi sveglio stralunato alle sei me mezza, faccio una rapida colazione e mi appresto a attraversare Pechino per andare a intervistare Ciro Ferrara (leggi qui), che quella sera, con il suo Wuhan Zall avrebbe affrontato il Beijing Renhe. La sera ripercorro lo stesso tragitto in metro del mattino per assistere alla partita, ma questa volta tiro dritto fino al distretto di Fengtai, dove il mio tour è iniziato.

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A occidente percepiamo il tempo e la vita come una linea, al contrario dell’oriente che vede l’intera esistenza e lo scorrere dei secondi come un ciclo che si ripete. Penso a questo mentre in metro realizzo che già il mio corpo è allo stremo delle forze. Non sono andato incontro a conversioni, dopotutto mi ripeto che l’accettazione di una fine è sempre meglio dell’eternità di un ciclo.

Questa volta arrivo al Fengtai Stadium un’ora prima dell’inizio del match a differenza della scorsa volta (leggi qui). Come sospettavo, nessuno si interessa della China League One, non vi sono bancarelle, media, inviati. Non c’è niente di tutto questo, nemmeno il pubblico verrebbe da dire, dato che, come due settimane prima, erano preseti poco meno di 3.000 persone su uno stadio da 40.000.

Parliamo della partita: il Wuhan Zall aveva bisogno di conquistare punti salvezza per non sprofondare al penultimo posto, in un campo estremamente difficile nel quale il Beijing Renhe aveva trionfato in tutte le occasioni, meno che una. La squadra di Ferrara, del difensore Ottesen e del regista Barrentes, opta per una partita d’attesa, cercando di colpire con la velocità dell’attaccante Johnson. Per gli ospiti la partita si mette veramente male, dato che al termine del primo tempo l’arbitro concede un calcio di rigore al Beijing Renhe, con Zhou Liao che viene espulso per proteste, ma il tentativo dagli 11 metri fallisce.
Nella ripresa, seppur in inferiorità numerica, il Wuhan Zall gioca decisamente meglio, ma spreca innumerevoli occasioni di fronte al portiere avversario. Il Beijing Renhe trova la via del vantaggio con Feng Renliang, ma pur soffrendo oltre il previsto, riesce a portare a casa i tre punti che lo avvicinano alla posizione di vertice.

Questa volta percepisco nitidamente che i tifosi del Renhe non sono in grado di tifare la propria squadra, operazione certamente difficile in uno stadio deserto, eppure, mi sono ritrovato di fronte scene imbarazzanti, nella quale, i soliti trenta supporter accennavano a iniziare un coro con timidi colpi di tamburo per poi interrompersi, in quanto non riuscivano a coinvolgersi fra di loro, sovrastati addirittura dai pochissimi supporter provenienti da Wuhan. Basta osservare la reazione dei pechinesi al rigore sbagliato, come a dire… “chissenefrega”.

Sono nuovamente in metropolitana, per tornare all’ostello, il quarto viaggio da un’ora e passa in questa giornata travagliata. Ho una fame pazzesca, la mia vacanza cinese sta volgendo al termine e questo mi rattrista enormemente, mentre me ne sto con la testa appoggiata al sedile e trangugio lentamente patatine e bevo una bevanda gassata gialla (speravo fosse cedrata, ma non era), cerco di fare delle considerazioni sul calcio cinese, e sulla Cina:

Il cibo è buono, insomma, ho mangiato meglio in Giappone, qua in Cina spesso, soprattutto nel cibo di strada, usavano come condimento un’erbetta amara che proprio non mandavo giù, ma poi ho capito cos’era e non ho più avuto problemi.

-Guardando Fengtai, Tianjin e altre realtà che non ho vissuto in prima persona, mi dico che in Cina non c’è ancora una vera e propria cultura del tifoso, questi sono in pochi, la maggior parte della gente però ora segue o inizia a appassionarsi al calcio perché fa tendenza, ma per ora non è riuscito assolutamente a radicarsi nella cultura popolare. Prima di realizzare queto processo credo che ci vorranno degli anni.

-I cinesi non sanno parlare l’inglese, io non so parlare il cinese, vi lascio immaginare il resto.

-Confucio diceva: “se pianifichi per un anno, pianta il riso, se pianifichi per tre anni, pianta un albero, se pianifichi per 100 anni, educa i bambini”. La riforma del calcio deve partire proprio dai bambini, l’introduzione del calcio come materia scolastica può certamente servire, ma vi deve essere un radicale cambio di mentalità nel metodo educativo. La rigidità, la disciplina del sistema cinese, il metodo mnemonico di insegnamento sono un ostacolo allo sviluppo di una mente calcistica.

Mao è ovunque, nelle banconote, nei negozi di souvenir, nei musei e al centro di Pechino, a Tienanmen. Mi faccio troppe domande che non troveranno una risposta.

-Sempre sui bambini: non ci sono spazi per giocare a calcio, se non i cortili scolastici nel pomeriggio, nel dopo scuola. Girando per le strade di Pechino ho visto solo campetti da basket.

-Per quanto riguarda il calcio all’aria aperta, l’inquinamento può rappresentare un problema? Non andrei mai a fare una corsetta a Shijiazhuang (leggi qui).

-Manca un idolo calcistico, il Yao Ming del pallone. Wu Lei poteva diventare la guida della rivoluzione calcistica cinese, ma nelle settimane seguenti al mio viaggio, ha fallito clamorosamente in Champions League con il suo Shanghai Sipg e con la nazionale. Nelle tre partite decisive, ha sempre sbagliato gol di fronte al portiere avversario. Non deve essere facile giocare con il peso di oltre un miliardo di persone sulle spalle, ma questi sono treni che passano una volta sola nella vita.

-La prossima volta che torno in Cina vorrei andare a vedere il distretto artistico 798, dove ci sono i murales. Vorrei vedere anche più concerti.

-Quando sono arrivato in Cina avevo delle perplessità sul loro piano di riforma, dato che le basi sono attualmente molto povere dal punto di vista qualitativo. Dopo aver tastato con mano e aver scambiato opinioni con gli addetti ai lavori sono decisamente pessimista. Vedo tanti soldi spesi male in infrastrutture, stadi nuovi e giocatori, che non generano assolutamente un ritorno. La Cina calcistica sta facendo parlare di se attraverso queste iniezioni di denaro, il suo prodotto si sta espandendo anche nelle televisioni europee, ma tali investimenti per quanto saranno sostenibili? Penso a Jack Ma e alle sue recenti parole al World Economic Forum: “La Cina oggi è la seconda economia al mondo e deve prestare attenzione alla sua qualità. E’ come un umano, a un certo punto la crescita del corpo rallenta, per questo ora dobbiamo accrescere nella mente, nella cultura, nei valori e nella propria saggezza. La Cina si sta muovendo in questa direzione”.

-Ho amato alla follia la Cina, ora che sono in Italia ci voglio tornare, devo imparare il cinese. Ho anche un nome cinese ora: 吉诺

TUTTI GLI ARTICOLI DEL CHINESE TOUR:

Al Fengtai Stadium: l’assenza del numero 12

La vera Pechino al Worker Stadium

I cantieri di Shijiazhuang

Intervista a Francesco Abbinizio, fondatore della Beijing Kickers

Un Nido vuoto

A Tianjin per la doppietta di Pellè

Intervista esclusiva con Ciro Ferrara