Calcio e Olimpiadi: Pechino 2008, la Cina si consacra a superpotenza sportiva… calcio a parte

Le Olimpiadi cinesi del 2008 hanno rappresentato un autentico successo per la Cina, non solo dal punto di vista sportivo, con il primo posto nel ranking e ben 100 medaglie conquistate. E’ stato sopratutto un successo economico, che ha posto la Repubblica Popolare come una superpotenza globale, nel pieno di una crescita che pareva senza limiti: se l’occidente doveva fare i conti lo spettro di una crisi mondiale, l’economia del Dragone proseguiva implacabile verso orizzonti inimmaginabili solo qualche anno prima.

Storicamente lo sport è stato in grado di veicolare l’opinione pubblica più di qualsiasi altro strumento. Le Olimpiadi di Pechino hanno permesso alla Cina di presentarsi al mondo con un volto inedito, lontano dagli stereotipi e luoghi comuni che da sempre caratterizzano il Dragone. Per organizzare nel modo migliore lo svolgimento dei giochi, il governo cinese ha fatto costruire e rinnovare sei sedi al di fuori di Pechino e 59 centri di addestramento. Nella capitale sono stati effettuati i lavori per la costruzioni delle 31 sedi dove si sarebbero svolti i Giochi Olimpici, oltre alla costruzione di imponenti stadi su tutto il suolo nazionale.

LE CONTESTAZIONI E LA CERIMONIA D’APERTURA

I Giochi Olimpici di Pechino sono stati i più costosi della storia: tra il 2001 ed il 2007 sono stati spesi 40,9 miliardi di dollari per infrastrutture, energia, trasporti e progetti di approvvigionamento di acqua. La metropolitana della capitale cinese è stata ampliata, diventando due volte più grande rispetto alla grandezza precedente: il sistema metropolitano precedente comprendeva quattro linee e 64 stazioni, a cui sono state aggiunte 7 linee e sono state costruite più di 80 nuove stazioni.

Nonostante gli strabilianti progetti realizzati dalla Repubblica popolare, i mesi che precedettero la manifestazione furoto tutt’altro che idilliaci, con la Francia si schierò in prima linea per boicottare le olimpiadi. L’episodio che accese gli animi anticinesi fu la marcia della fiaccolata olimpica a Parigi. L’onore spettava all’atleta paraolimpica Jin Jing che venne aggredita da un tibetano durante la manifestazione.

La conseguente campagna denigratoria dei media francesi (“uno schiaffo alla Cina”, “il fiasco della torcia a Parigi”) sfociò in una  marcia in piazza Tienanmen indetta dagli studenti cinesi che invocarono il boicottaggio di tutti i prodotti Made in France. Il governo poteva contare anche dell’apporto dei 70 milioni di cinesi in giro per il mondo, nelle varie Chinatown si svolsero numerose manifestazioni in difesa dei giochi olimpici. I leader politici intuirono che entrare in contrasto con la Cina poteva scombinare gli equilibri economici: dopo un primo momento Bush e gli esponenti della UE mollarono la presa sulla questione tibetana lasciando Nicolas Sarkozy completamente solo in una battaglia persa.

La Cerimonia di apertura si tenne l’8 agosto alle 20:08, scelta non casuale in quanto derivante dalla superstizione di molti Cinesi secondo i quali l’otto è un numero fortunato. 15.000 persone coinvolte per la più grande cerimonia dei giochi olimpici, diretta dal cineasta Zhang Yimou, famoso in patria per aver diretto capolavori quali Lanterna Rossa, Hero (il film più costoso nella storia della cinematografia cinese) e La Foresta dei Pugnali Volanti.

DUE LEGGENDE SI CONSACRANO: BOLT E PHELPS

Nonostante il netto dominio della Cina nel medagliere, i Giochi Olimpici di Pechino hanno consacrato mostri sacri dello sport come Phelps e Usain Bolt.

Il nuotatore statunitense già ad Atene aveva attentato al più grande dei record, quello dei 7 ori di Mark Spitz, mancandolo per una sola medaglia, ma quattro anni più tardi compì l’impresa, con otto ori nella stessa Olimpiade e sette nuovi record del mondo. Usain Bolt invece era venuto alla ribalta solo qualche mese prima ai mondiali di Osaka, e in Cina conquistò tre ori nei 100 e 200m e nella staffetta 4×100 stabilendo in ognuna di esse un record mondiale.

Fra gli atleti cinesi ad aver conseguito gli ori, spiccano quelli degli sport individuali: Guo Jingjing vinse due medaglie nei tuffi, difendendo i titoli conseguiti quattro anni prima. Nel table tennis, per la categoria maschile Zhang Yining vinse due medaglie, così come Ma Lin nel femminile. I successi più grandi derivarono dalla ginnastica, con 11 ori, di cui tre conseguiti dall’atleta Zou Kai.

IL CALCIO E’ SEMPRE UN TALLONE D’ACHILLE

(080807) — SHENYANG, Aug. 7, 2008 (Xinhua) — Members of Chinese men’s football team before the Beijing Olympic Games men’s football Group C first round match against New Zealand at Shenyang Olympic Stadium in Olympic co-host city Shenyang, capital of northeast China’s Liaoning Province, Aug. 7, 2008. (Xinhua/Ren Yong) (zdh)

Le Olimpiadi di Pechino potevano rappresentare un’occasione di riscatto per l’intero calcio cinese: in quegli anni il campionato era dilaniato dalla corruzione della classe dirigente e arbitrale, con continui episodi di combine e calcioscommesse. La stessa nazionale dopo la spedizione mondiale in Corea-Giappone nel 2002, aveva raccolto enormi delusioni, perdeno la finale di Asian Cup in casa contro il Giappone nel 2004, per poi mancare l’accesso al mondiale tedesco a causa della differenza reti nei confronti del Kuwait.

Dopo Milutinovic, che portò la Cina per la prima volta alla fase finale di una Coppa del Mondo, la federazione affidò la panchina a un altro serbo: Vladimir Petrovic, ex allenatore della Stella Rossa di Belgrado e del Dalian Shide in Cina. La nazionale del dragone, 20 anni dopo l’ultima Olimpiade calcistica in Corea, rimediò un’altra pessima figura raccogliendo un solo misero pareggio contro la Nuova Zelanda alla prima partita, per poi soccombere sotto i colpi di Pato e Ronaldinho nel 5-0 in favore del Brasile, seguito dal 2-0 del Belgio a firma di Mirallas e Dembele.

Di quella Cina l’unico gol fu segnato da Dong Fangzhou, simbolo del fallimento del calcio del dragone: ex giocatore del Dalian Shide, fu acquistato dal Manchester United di Ferguson, dove non trovò mai spazio. Fu girato in prestito ai belgi dell’Anversa per poi spegnersi lentamente dopo l’Olimpiade, nella periferia del calcio europeo, fino al campionato armeno.

Oltre ai nomi di Bolt e Phelps, l’Olimpiade di Pechino vide trionfare l’Argentina, la quale si componeva di molti elementi dell’attuale nazionale: con Messi, Garay, Romero, Mascherano, Aguero, Zabaleta, Di Maria, Lavezzi e Banega. L’albiceleste ebbe la meglio sul Brasile per 3-0 in semifinale, per poi sconfiggere la Nigeria grazie alla rete realizzata da Di Maria, oggi al PSG.

A deludere nel calcio fu anche la rappresentativa femminile delle Steel Roses, che senza più l’apporto della stella Sun Wen, quell’anno avevano ceduto il trono d’Asia, perdendo la finale della Coppa Continentale contro la Nord Corea, mentre alle Olimpiadi, dopo un girone concluso al primo posto, giunse una netta sconfitta per 2-0 contro il Giappone ai quarti di finale.

Così, mentre la Cina si poneva come prima potenza sportiva con 48 ori conquistati, il calcio del Dragone continuava il suo lento declino verso un baratro che pareva senza fine. Se oggi la Chinese Super League è diventato un campionato che ha destato l’interesse di tutto il mondo, la nazionale continua a proporre un calcio di basso livello e l’U23 ha mancato la qualificazione alle Olimpiadi di Rio, rimediando tre sconfitte contro Qatar, Iran e Siria. L’unica speranza per Rio 2016, risiede nell’altra metà del cielo, ovvero la nazionale femminile, pronta al riscatto per tornare ai vertici mondiali.

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