Calcio e Olimpiadi: il mito Lee Wai Tong a Berlino 1936

Le olimpiadi di Berlino 1936 (l’undicesima edizione), sono passate agli annali in particolar modo per le vittorie nell’atletica leggera di Jesse Owens. L’atleta di colore statunitense, proveniente dall’Ohio, il 3 agosto vinse i 100 metri,  il 4 agosto il salto in lungo, il 5 agosto i 200 metri e infine la staffetta 4×100.

Le vittorie dell’atleta scatenarono un caso mediatico, in quanto Hitler, presente sugli spalti il giorno in cui Owens vinse l’oro nel salto in lungo, indispettito per la sconfitta del tedesco Luz Long, si sarebbe alzato per abbandonare lo stadio e non stringere la mano all’uomo di colore che aveva vinto di fronte la Germania Nazista.

« Vero, Hitler non mi ha stretto la mano ma fino a qui non lo ha fatto neanche il presidente degli Stati Uniti. » Avrebbe dichiarato Owens. Quei giochi olimpici erano necessari alla Germania Nazista per alimentare il culto del corpo e accentrare le masse attraverso la pratica sportiva, oltre a esaltare la superiorità della razza ariana. Per cui, la vittoria di Owens andava a lenire il culto hitleriano. Le cose però, come raccontò Owens nella sua autobiografia, andarono in modo leggermente rispetto a quanto raccontato dalla stampa:

« Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d’onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco mi fissò, si alzò e mi salutò agitando la mano. Io feci altrettanto, rispondendo al saluto. Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un’ostilità che non ci fu affatto. »

LA PRIMA VOLTA DELLA CINA CALCISTICA

La prima partecipazione assoluta alle olimpiadi per la Republic of China avvenne nel 1932 a Los Angeles, dove si esibì un solo atleta, Liu Changchung nell’atletica leggera, nei 100 e 200 metri, discipline nelle quali non superò nemmeno la fase eliminatoria.

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L’edizione di Berlino coinvolse ben più atleti, 57, di cui due donne, ma nessuno di questi raccolse medaglie. Il portabandiera di una “nazione” ancora frammentata era Lee Wai Tong, calciatore di ruolo attaccante, autentica leggenda del South China, ma sopratutto del calcio mondiale, il quale, secondo fonti non ufficiali ha segnato oltre 1200 gol nella sua carriera.

Lee Wai Tong, classe 1905, era oramai agli sgoccioli della sua carriera, conduceva da capitano la nazionale in assoluto più forte del continente asiatico, la quele si era imposta nei Far East Games (l’equivalente dei giochi asiatici riservati solamente alle nazionali dell’est asiatico) per nove edizioni su dieci, mancando l’oro solamente nella prima edizione del 1913, che andò in quell’occasione alle Filippine.

La nazionale cinese non conosceva più il sapore della sconfitta, l’ultima partita persa infatti risaliva al 13 maggio del 1919, un 2-1 in favore delle Filippine che non impedì comunque alla Cina di imporsi in quell’edizione dei Far East Games che si svolsero a Manila. Nonostante lo strapotere nel continente, il governo non garantiva le spese necessarie per il viaggio in Germania, per cui Lee Wai Tong e compagni organizzarono una serie di partite di esibizione per raccogliere i fondi necessari e confrontarsi per la prima volta con le squadre europee.

Il sorteggio fu sfortunato per i cinesi, che al primo turno si ritrovarono a fronteggiare la temibile Gran Bretagna, che si impose per 2-0, con reti segnate nel secondo tempo al Mommsenstadion di Berlino, ponendo prematuramente a fine i sogni di gloria di Lee Wai Tong. Quella partita decretò la fine di un’era e l’inizio delle ostilità per il popolo cinese.

LA SECONDA GUERRA SINO GIAPPONESE

L’inizio della guerra nel continente asiatico, decretò la fine di tutte le attività calistiche. A seguito dell’incidente del Ponte di Marco Polo, fu decretata la guerra fra la Cina e l’impero giapponese, che si protrasse fino al 1945, dopo le due bombe atomiche e l’operazione Tempesta d’Argento messa in atto dai sovietici, che costrinsero i nipponici ad abbandonare la regione nord orientale della Manciuria.

Per la Cina non era tempo di pace, sconfitti gli invasori giapponesi, era giunto il momento di regolare i conti fra i due grandi schieramenti: i nazionalisti del Kuomitang supportati dagli americani e i comunisti guidati da Mao e finanziati dall’URSS. Il Grande Timoniere condusse alla vittoria i comunisti nel 1949, ma nel frattempo, la Cina riuscì a disputare un’altra olimpiade.

Londra 1948: Il numero degli atleti coinvolti calò a 30 e Lee Wai Tong era sempre presente, questa volta in veste di allenatore, ruolo che aveva già ricoperto da giovanissimo alla fine degli anni ’20 all’università di Shanghai. Anche questa volta il percorso della nazionale cinese si interruppe al primo turno, con un 4-0 in favore della Turchia.

IL MITO DI LEE WAI TONG

Oltre ad essere stato un grandissimo attaccante, Lee fu un grande uomo, dotato di una visione anni luce rispetto ai propri tempi, non solo dal punto di vista didattico, ma sopratutto per la concezione di sport come elemento di unione fra i popoli. Infatti quella di Lee è una figura che tiene unite le tre Cine: nacque a Hong Kong e disputò la maggior parte della sua carriera al club dell’ex colonia britannica, il South China; rappresentò la Repubblica pre comunista con grandi successi, e infine seguì il flusso migratorio dei nazionalisti a Taiwan, dove da allenatore portò la nazionale di Taipei a trionfare nei giochi asiatici del 1954 e del 1958.

Il suo indiscutibile valore è stato riconosciuto dalla FIFA, che nel 1976 ha stilato la classifica dei cinque giocatori più forti e influenti fino a quel periodo, e il nome di Lee Wai Tong figurava accanto a quello di mostri sacri come Pelè, Matthews, Puskas e Alfredo Di Stefano.

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