Il fallimento della nazionale U23; la Cina deve riformare i settori giovanili e riscoprire la collettività

Si è conclusa prematuramente la manifestazione AFC U23 per la Cina, dopo le grandi aspettative alla vigilia, la squadra della Repubblica Popolare se ne torna a casa con tre scottanti sconfitte.

La rivoluzione del calcio cinese non può essere effettuata con il solo capitale, come stiamo assistendo in questi giorni di calciomercato. Per questo nel paese del Dragone si sta investendo tanto sui settori giovanili, non solo per quanto riguarda le Accademy sul suolo nazionale, dove spiccano quelle del Shanghai Shenhua e del Guangzhou Evergrande, ma anche grazie a partnership con club europei come le due squadre di Madrid, o la federazione portoghese. L’argomento è talmente vasto che servirebbero più articoli per approfondire la vicenda.

Gli uomini di Fu Bo (che in passato ha fatto da traghettatore per la nazionale cinese nei pochi mesi intercorsi fra l’esonero di Camacho e l’ingaggio di Perrin nel 2014), avevano ben figurato durante le qualificazioni alla manifestazione U23 in Qatar, strapazzando Laos, Mongolia e Singapore, con tredici gol segnati e nessuno subito. Della spedizione hanno fatto parte alcuni elementi che sono titolari fisse nelle rispettive squadre di Chinese Super League, come Liu BinBin e Yongpo dello Shandong Luneng e Shin Ke del Shanghai SIPG. Inoltre hanno fatto parte della spedizione molti giocatori che si sono formati in Spagna e Portogallo, come l’attaccante Xu Xin (Atletico Madrid, ma ora è stato acquistato dal Guangzhou Evergrande), il portiere Yeerazy, e il difensore Chen Zechao, entrambi provenienti dal Portogallo, oltre al promettente Zhang Yuming, classe 1997, che milita in Olanda, nel Vitesse.

Non è bastata l’esperienza internazionale di questa nuova generazione. La Cina, inserita nel gruppo A con i padroni di casa del Qatar, la Siria e l’Iran, ha perso tutte e tre le partite, con l’unica lieta nota che risiede in Liao Lisheng, autore di tre gol e di prove di altissimo livello, che lo pongono come futuro titolare al Guangzhou Evergrande. Per il resto, abbiamo assistito ad una squadra priva di idee, che si basava solo sul talento dei singoli, che si è infranto di fronte l’organizzazione delle squadre avversarie.

LA RIFORMA DEI SETTORI GIOVANILI

Il Calcio ancora in Cina non è un elemento quotidiano come in Europa, infatti solo lo 0,05% delle popolazione è tesserato. I figli della middle class devono studiare, o cimentarsi in sport più tradizionali come il ping pong o il basket (dove la Cina è campione d’Asia incontrastato). Nei prossimi anni avverrà una netta inversione di tendenza, dato che nella riforma scolastica varata da Xi Jinping, vi è anche l’introduzione del calcio come materia di studi.

Attualmente la CFA si sta impegnando nella ristrutturazione di un programma di sviluppo giovanile, ma sorgono due grandi problematiche. La prima, è stata evidenziata da Andrè Gomes, il coordinatore del progetto federale sino-portoghese: “In Cina ci sono solo trentadue squadre professionistiche, e solitamente vi è solo una squadra per città. I ragazzi spesso sono impegnati in trasferte che possono durare due o tre giorni, come possono studiare facendo questo?”.
Vi sono tre categorie di campionati a livello giovanile, U15, U17 e U19, successivamente vi è la squadra riserve che disputa un campionato a parte. La Cina dovrebbe seguire l’esempio di Portogallo, Olanda e Germania, dove le “Primavere” delle squadre di massima serie disputano i campionati di serie minore, confrontandosi quindi a un livello più alto.
La storia cinese insegna che questa è una valida opzione, dato che fra gli anni ’50 e ’60, il Beijing Youth B ha vinto il campionato per ben due volte, mentre negli anni ’80 a sollevare il trofeo al cielo è stata la selezione nazionale U23.

La seconda problematica è stata palesata da Sven Goran Eriksson (allenatore del Shanghai SIPG) nell’intervista rilasciata alla FIFA nel mese di novembre, dove ammette che non vi è la cultura in Cina di far esordire un giovane promettente in prima squadra, ma questi deve farsi tutta la trafila dei settori giovanili per poi essere integrato alla squadra riserve.

LA COLLETTIVITA’

Perché le squadre cinesi storicamente non hanno mai giocato di squadra, come un gruppo compatto, se non a sprazzi? La risposta al quesito risiede in un aspetto sociale rilevante, quello della mentalità individualista. Della collettività predicata dal PCC e da Mao Zedong rimane ben poco, e questi sono valori che devono essere necessariamente riscoperti per un governo e una società armonica come predicato dal neoconfucianesimo di cui Xi Jinping è il massimo esponente.

I bambini vengono messi in competizione fra di loro sin dalle scuole elementari, dove il vicino di banco non è “un compagno”, bensì un concorrente. D’altronde anche il sistema dei voti nelle scuole alimenta la competizione in quanto viene stilata una classifica al termine degli esami o delle verifiche. Crescendo le pressioni aumentano a dismisura e questo non permette di creare un forte collettivo, infatti la Cina è sempre stata una nazione decisamente più forte per quanto riguarda gli sport individualisti piuttosto che ne quelli di squadra.

La strada intrapresa dalla Cina calcistica è quella giusta, puntare fortemente sul futuro sulla gioventù. Il percorso che aspetta la Repubblica Popolare è certamente tortuoso, ma se i dirigenti saranno capaci di prendere le giuste decisioni su tutti i fronti, ben presto ci ritroveremo di fronte a una nazionale che possa finalmente superare i rivali di sempre come Corea e Giappone, per poi puntare ai piani alti del ranking.