Intervista con Angelo Rinaldi, allenatore dello Qinghai Oulu International Football Club

Non solo Fabio Cannavaro e Roberto Donadoni nella Chinese Super League, nel calcio cinese troviamo un altro italiano che siede sulla panchina di un club e stiamo parlando di Angelo Rinaldi, allenatore del Qinghai Oulu International FC, squadra di quarta divisione con fortissime ambizioni, situata nella provincia nord occidentale del Qinghai, una zona di paesaggi mozzafiato fra deserto e montagne che confina con Tibet e Xinjiang. Abbiamo dunque parlato con Angelo Rinaldi, ex allenatore delle giovanili della Lazio, che ci ha spiegato il progetto ed il percorso di crescita previsto per il Qinghai Oulu International FC

La prima è una domanda scontata quanto mai fondamentale per la nostra “chiacchierata”: come mai è arrivato in Cina? Quali sono state le esperienze professionali precedenti che l’hanno spinta poi ad accettare quest’opportunità nella “Terra di Mezzo”.

Sono arrivato in Cina seguendo l’esperienza precedentemente fatta da un mio amico, per assurdo ritornato in Italia pochi mesi dopo per problemi di adattamento, muovendomi quindi inizialmente grazie ai suoi contatti. Arrivato a Pechino ho iniziato a lavorare in un settore giovanile con un gruppo di ragazzi di 13 anni: lavoravo in un college favoloso, ci allenavamo 5-6 ore al giorno tutti i giorni ed abbiamo avuto diverse opportunità per testarci sia a livello nazionale che internazionale. Dopo solo pochi mesi di allenamento abbiamo ottenuto un ottimo 6° posto in un torneo giocato contro squadre da tutta la Cina ed un più che dignitoso 14° posto su 60 squadre, in un torneo giocato in Italia. I ragazzi si sono sempre distinti per la qualità di gioco dimostrato. Ci siamo tolti grandissime soddisfazioni: ricordo con piacere una sfida dominata in lungo ed in largo contro i pari età della Juventus. Abbiamo giocato diverse amichevoli nel corso della mini-tournée italiana riuscendo, spesso, a superare squadre composte da ragazzi di 3-4 anni più grandi.

Nei mesi successivi ho avuto un incontro con un rappresentante della provincia di Qinghai: l’idea era quella di riportare una squadra professionista, di livello, nel territorio (assente ormai da troppi anni), il mio non avere “peli sulla lingua”, il mio modo di fare, li ha stregati ed hanno deciso di scegliere me per il loro progetto. Ho provato ad analizzare al meglio delle mie possibilità la mancanza di programmazione, gli errori che si fanno da un punto di vista strutturale più che tecnico, spiegando come il sogno mondiale fosse più che mai possibile e raggiungibile. Il responsabile mi ha invitato a Qinghai per qualche giorno ho avuto modo di conoscere il governatore della provincia ed ho scelto di legarmi a questo progetto.

Come si trova da un punto di vista umano e puramente sportivo in un macrocosmo così differente da quello Europeo?

Sono partito con la paura addosso, davvero terrorizzato. Mi sono più volte interrogato sulla motivazione della mia scelta, invece devo essere sincero mi sono trovato benissimo, non rimpiango assolutamente nulla. Sono un grande lavoratore, amo quello che faccio e mi sposo quindi alla perfezione con la mentalità cinese. Spesso mi capita di non allenare ma di farmi trovare comunque al campo per conoscere meglio i ragazzi, capire la loro mentalità, il loro modo di fare… Ne vado quindi a raccogliere i frutti nelle relazioni umane di tutti i giorni. Se pensi di arrivare in Cina e cambiare, senza difficoltà, il loro modo di pensare/giocare/vivere sbagli alla grande.

Cosa può dirci del progetto sportivo della “misteriosa”provincia di Qinghai e dello Qinghai Oulu International Football Club?

Hanno fondato una squadra che gioca nell’equivalente della nostra Serie D, il campionato inizierà sabato, la società è ambiziosa ed appassionata. Le strutture sono di livello ed i progetti per il prossimo futuro non possono che far ben sperare. Anche grazie agli ultimi innesti abbiamo plasmato un’ottima squadra, l’idea è di arrivare nel giro di 4 anni in seconda divisione. Non posso lamentarmi…

Come ha trovato, generalmente ovviamente, il livello del calcio nelle divisioni minori cinesi?

C’è molto da lavorare, ma non mi spaventa assolutamente. Tanta corsa, tanto fisico, ma poco altro. Sono arrivato qui per questo, in altra maniera non mi avrebbero cercato… Ci siamo  già tolti e ci stiamo togliendo belle soddisfazioni, ci vuole tempo, tanto lavoro e tanta passione.

Un suo giudizio personale sulla crescita del movimento cinese negli ultimi anni? Crede ci sia davvero la possibilità di un futuro fatto di successi e trionfi?

Assolutamente sì. C’è un grandissimo movimento, ogni 500 metri si trova una scuola con 5mila/6 mila ragazzi, impossibile non si trovino 11 ragazzi per creare una rosa Nazionale all’altezza delle aspettative governative. Sono stati eccezionale a portare il calcio cinese ad avere una dignità da un punto di vista commerciale, con grandi nomi ed investimenti, ora però bisogna partire dai ragazzini sennò ti ritrovi ad avere una Nazionale con una media età superiore ai 30 anni, senza grande talento a disposizione. C’è del materiale sul quale lavorare ma non bisogna esagerare con un afflusso di stranieri senza nessun tipo di programmazione.

Le sue ambizioni personali per il prossimo futuro?

Sicuramente dare il meglio di me stesso in Cina: il Presidente vorrebbe farmi legare alla società già per i prossimi 3-4 anni. Per me questo è il lavoro più bello del mondo e mi piacerebbe continuare a far carriera, a crescere umanamente e professionalmente. Non è un discorso puramente economico ci mancherebbe. Sto sicuramente apprezzando la loro onestà ed il loro modo di fare, i presupposti per rimanere qui ci sono.