Alessandro “Alino” Diamanti, il giramondo del pallone

“Ho girato il mondo e ho capito quanto sia importante farlo perché, sarò sincero, quando andavo scuola non è che avessi tutta questa voglia di studiare. Quello che non avevo imparato lì l’ho recuperato viaggiando. Ho quasi 37 anni e sono ancora giovane. Ho tanta voglia di viaggiare e vedere cose.”
Inizio dalla fine per raccontare la bella intervista che mi ha rilasciato per All Asian Football, Alessandro Diamanti, il trequartista italiano che oggi vive e gioca a Melbourne nella Hyundai A-League tra le fila del Western United Football Club (qui un articolo scritto qualche giorno fa per capire meglio la situazione del calcio australiano).

LA SCHEDA

Alessandro Diamanti nasce a Prato il 2 maggio del 1983. Muove i suoi primi passi nel Coiano Santa Lucia, squadra giovanile della sua città che ha visto crescere giocatori importanti come Paolo Rossi, il Pablito mundial del 1982, e i fratelli Vieri, Max e Bobo, oltre allo stesso Diamanti. La società è stata guidata per tanti anni da Rodolfo Becheri, uomo di campo di altri tempi,  di quelli che si vedevano spesso sui campetti la domenica mattina per scovare talenti.
“La passione e la voglia di stare insieme ai bambini sono i motori più potenti per dare vita a una realtà come quella di Santa Lucia. Stare in mezzo ai più piccoli mi ha sempre riempito di gioia”, queste le sue parole ripescate in una vecchia intervista rilasciata a Il Tirreno (trovate qui l’articolo). Alino, il soprannome con cui tutti conoscono Diamanti, è il nipote di Becheri e dimostra fin da piccolo di avere dei numeri eccezionali. Lo prende il Prato, amore calcistico che sente ancora oggi, dove gioca per 5 stagioni non continuative. Nel mezzo prestiti a Empoli, Fucecchio, Florentia Viola (dove viene bloccato da un brutto infortunio). L’ultima stagione tra le fila dei lanieri, in Serie C2 nel 2006/2007, è quella del lancio definitivo verso il calcio dei grandi.

Alessandro Diamanti in azione con il Prato

Diamanti segna 14 goal in 36 partite e così arriva la chiamata dalla Serie A. Il trasferimento è di qualche decina di chilometri. Dall’interno della Toscana verso il mare: Livorno. Il carattere della città è temprato dal libeccio, il vento che la spazza e la plasma, e sembra la destinazione ideale per il vulcanico 23enne trequartista. Queste prime tre stagioni faranno innamorare per sempre i tifosi amaranto di Diamanti, che sfoggia prestazioni splendide nonostante la squadra viva un saliscendi continuo tra A e B.
La vita di ognuno di noi è fatta di sliding doors e alla fine della stagione 2008-2009, che si conclude con la retrocessione in Serie B del Livorno, Diamanti parte.
Lo chiamano da Londra, sponda West Ham.
L’atmosfera unica del Boylen Ground, con il tifo a squarciagola dei tifosi degli Hammers, un bel contratto, la statua di Bobby Moore, l’Intercity Firm. Come fai a resistere a una chiamata come questa?

Una stagione splendida. Ma non basta per rimanere. Diamanti deve muoversi, perché non riesce a rimanere troppo fermo in un posto. Torna in Italia, al Brescia. Toccata e fuga ma tanto basta per esordire in nazionale nel novembre del 2010 contro la Romania. Con la maglia azzurra si toglierà la soddisfazione di partecipare all’Europeo del 2012 e alla Confederation Cup 2013, in cui segnerà l’unico goal in nazionale nelle finale per il 3° posto contro l’Uruguay. Su punizione, il suo marchio di fabbrica più riconoscibile.

Gioca 3 stagioni di fila molto positivi a Bologna, che elegge come “casa” in Italia, poi parte ancora perché Alino non riesce proprio a stare fermo. Stavolta è la Cina che lo chiama. Un contratto economicamente irrinunciabile ma anche la consueta voglia di conoscere altre culture lo spingono a firmare per il Guangzhou Evergrande, allenato da Marcello Lippi. Fa in tempo a vincere un campionato poi torna in Italia. A questo punto della carriera non si ferma più di una stagione da nessuna parte: Fiorentina, Watford, Atalanta, Palermo, Perugia e ancora Livorno, squadra che contribuisce a tenere in Serie B nella stagione passata.
E così arriviamo all’ultima tappa del suo lungo viaggio calcistico in giro per il mondo: L’Australia.

L’INTERVISTA

Skyline di Melbourne (foto di A. Diamanti)

D: Ciao Alessandro è veramente un piacere fare questa intervista con te. Come state vivendo te e la tua famiglia questa quarantena?

A: Rispetto all’Italia è molto meglio. Fai conto che qui viviamo in social distance. Il governo ha deciso di non procedere con il lockdown perché sarebbe stato troppo visto il numero basso di contagiati. I ristoranti e i bar fanno take away e i parchi sono aperti. Ci aspettano almeno altre 4 settimane di questo tipo ma siamo tranquilli. Sappiamo bene che in Italia la situazione è parecchio più complicata.

D: Eh si qui siamo in pieno lockdown fino al 3 maggio. Speriamo di arrivare alla social distance anche noi prima possibile.

A: Lo so. Seguo ancora le vicende italiane anche se sto dall’altra parte del mondo. Guardo skytg24 e parlo con gli amici che vivono lì.

D: Segui il campionato?

A: E certo. Guardo le partite. Ovviamente quelle che sono a orari umani per noi (ride).

D: Mi pare di capire che tu stia molto bene in Australia, sbaglio?

A: Per niente. Qui sto benissimo. Ho trovato una dimensione sociale che mi assomiglia molto. Gli australiani sono persone che seguono il motto “vivi e lascia vivere” e mi ci ritrovo alla perfezione.

foto di A. Diamanti

D: Per i tuoi bambini com’è stato questo trasferimento così lontano?

A: Sono abituati. Parlano 3 lingue e hanno già vissuto molte cose che i loro coetanei si sognano. Sono fortunati. Qui a Melbourne, la città più europea dell’Australia, le scuole sono buonissime. Ora che sono a casa per via del covid-19 fanno lezione via skype o google meet e la scuola ha fatto arrivare a casa tutte le dotazioni necessarie. Un altro mondo.

D: Melbourne è così aperta come si racconta?

A: Si, ci sono un sacco di coffee bar dove andare e, non ci crederai, fanno anche il caffè buono perché gli australiani ne sono malati e ne bevono un sacco. La vita è ganza e sembra di essere a Londra. Però tutto è più a portata di essere umano. Se io fossi un giovane oggi e cercassi un’esperienza di un paio d’anni dove lavorare all’estero e imparare l’inglese, volerei subito in Australia.

D: Ti sei proprio innamorato.

A: Si, direi proprio di si. Amo anche Londra, dove ho ancora una casa, ma è troppo cara, troppo caotica. Qui arrivi, trovi lavoro e puoi cominciare a mettere soldi da parte. Ho conosciuto tanti italiani che hanno fatto così. L’unica cosa che è particolare qui è il clima. Rispetto a Sidney e alla Gold Coast dove il clima è tipo California, Melbourne viene chiamata “Four Season”.

D: Come mai?

A: Te puoi uscire e la mattina alle 9:00 ci sono 11 gradi, poi a mezzogiorno 35, e alle 17:00 la temperatura può scendere fino a 4 gradi. Il clima è parecchio ballerino. Ma dopo un pò ti ci abitui.

La posizione di Melbourne

D: Stai già pensando di rimanere lì quando smetterai, ovviamente tra molto tempo?

A: Questo non lo so. Non ci ho ancora pensato. O meglio ci ho pensato ma ho cambiato idea tante volte, troppe volte. Certo l’Italia è il mio paese e mi manca. Se non ci fosse stato il covid-19 a fine campionato saremmo volati almeno 1 mese a casa, a Bologna.

D: Bologna è il tuo buen refugio italiano?

A: Si, perché è una città molto civile.

D: E’ difficile sentire qualcuno, sportivi e non, che scelga la civiltà come metro di giudizio per scegliere il luogo ideale in cui vivere. Questo deriva dal fatto che stai sempre in contatto con altre culture e quindi sei più aperto al mondo?

A: Sicuramente mi piace vedere cose e conoscere persone diverse. La mia carriera lo dimostra. Però Bologna proprio mi piace perché è una città viva e in espansione. Io e la mia famiglia ci troviamo benissimo.

Alessandro Diamanti in azione contro l’Adelaide United (Photo by Sue McKay/Getty Images)

D: Veniamo al calcio giocato. A che punto è lo sviluppo del calcio australiano?

A: Il livello tecnico e tattico è buono. Per arrivare al livello della Serie A italiana, su questi punti specifici, il cammino è ancora lungo ma siamo sulla strada buona. Qui compensano certe mancanze con lo strapotere fisico e posso dirti che il campionato è di ottimo livello. L’organizzazione è impeccabile e siamo anni luce avanti a molti club italiani. Viviamo in una situazione professionale ma molto spensierata tanto che a fine partita, che si sia vinto o che se si sia perso, facciamo il giro del campo per salutare i tifosi e ci fermiamo a fare foto e autografi con loro. Questo è il clima ideale per farmi rendere al meglio.

D: In effetti la stagione del Western United FC è stata buona finora. Siete al sesto posto e perciò in piena corsa per qualificarvi ai play-off.

A: E poteva anche essere andata meglio. Siam partiti forte poi abbiamo avuto l’infortunio di 3/4 titolari e a gennaio abbiam perso un paio di pezzi durante il mercato. Ma prima della sospensione ci stavamo riprendendo.

D: Il campionato verrà giocato fino alla fine?

A: Credo di si. Ci mancano 7 giornate più i play-off e mettici anche che il nuovo campionato ripartirebbe a novembre. Penso che cercheranno di finire la stagione.

D: Il Covid-19 non è stata l’unico evento pesante che ha condizionato la stagione calcistica australiana, da novembre 2019 ci sono stati gli incendi che hanno colpito pesantemente il territorio per alcuni mesi.

A: Purtroppo flora e fauna ne risentiranno per molti anni. L’unica consolazione è che le persone se la sono cavata. Noi abbiamo continuato a giocare nel rispetto delle condizioni sanitarie. Una volta siamo andati a Sidney, per giocare contro il Newcastle United, e la cosa impressionante è che vedevi gli incendi dall’aereo.

D: Deve essere stata una visione apocalittica.

A: Fai conto che poi quando siamo scesi dall’aereo pioveva cenere. E’ stato davvero apocalittico, come dici te.

D: I nostri lettori sono sicuramente interessati a sapere qualcosa della tua esperienza in Cina. Che cosa ci puoi raccontare?

A: E’ stata diversa da tutte le altre esperienze che ho fatto. Lì è tutto molto più grande che da noi. Il caos, la stanchezza che provi. Di più. Io vivevo sempre in aereo perché le distanze sono enormi. Però è stata un anno in cui ho imparato tanto. La cultura cinese è pazzesca e non c’è stata una cosa più bella delle altre. Ti giuro che vedi cose clamorose.

D: Dal punto di vista sportivo come sono messi?

A: Benissimo come organizzazione. Sono i più organizzati che ho trovato. D’altronde quando girano tanti soldi è tutto più facile. Il lato tecnico è un po’ indietro. Corrono tanto ma tecnicamente devono lavorare. Però i cinesi ce la possono fare. Almeno per come li ho conosciuti io.

Alessandro Diamanti in azione con il Guangzhou Evergrande in una partita di AFC Champions League contro il Melbourne Victory (Photo by Zhong Zhi/Getty Images)

D: Siamo in dirittura d’arrivo dell’intervista. Se ti dovessi chiedere una scelta che non rifaresti quale sarebbe?

A: Probabilmente ti darei due risposte. Sarei rimasto al West Ham (7 goal in 27 partite, ndr). Lì tutti mi volevano bene. Ho fatto un’annata straordinaria (qui il video di un gran goal su punizione contro il Birmingham City). I tifosi mi hanno votato nella Finale del premio Hammers dell’anno. Poi Londra dai è esagerata.

D: Immagino. E l’altra?

A: Bologna. L’Italia è il mio paese e avrei potuto chiudere la carriera lì ma è andata diversamente e di certo mi va bene così.

Ci salutiamo. La chiacchierata è stata molto lunga e piacevole. Diamanti è un uomo in costante movimento nella vita e sul campo di gioco. Un uomo che ha il bisogno di crearsi nuove sfide per sentirsi completo e io non posso che augurargli il meglio.
Good luck Alino and see you soon on the road again.