Intervista a Sergio Gargelli, allenatore della Nazionale Cinese di Futsal

Nel mese di gennaio per la rivista Cina in Italia, abbiamo intervistato Sergio Gargelli, attuale allenatore della Nazionale cinese di Futsal, con varie esperienze nel continente asiatico fra Qatar, Indonesia e Vietnam. Proprio con quest’ultima nazione ha avuto l’onore di battere addirittura il Brasile nel 2012. Riproponiamo qui un estratto dell’intervista nella quale Sergio Gargelli ci racconta i punti salienti della sua carriera.

Domanda scontata quanto mai necessaria per aprire la nostra intervista e riuscire a “far luce” su una carriera vincente quanto mai peculiare e singolare: da cosa nasce il Suo amore per il Continente Asiatico?

Nasce grazie allo scrittore fiorentino Tiziano Terzani, Toscano come me, che con il libro: “L’indovino mi disse” non ha fatto altro che alimentare il mio interesse nei confronti di un continente così lontano e misterioso. Avevo già visitato l’Asia da turista in diverse occasioni, è stato però il Fuchu Athletic FC, società giapponese, ad offrirmi- prima tramite uno stage di due settimane dove ho avuto modo di allenare ragazzi di tutte le età, poi con un’offerta di lavoro importante- l’opportunità di trasformare il continente Asiatico nella mia nuova casa. Nonostante negli anni abbia avuto qualche offerta per tornare in Europa, sono convinto che finchè ci sarà anche un’offerta dal Lontano Oriente non avrei dubbi sulla mia scelta…

Quali sono state le principali differenze di approccio e metodologia di lavoro nelle sue esperienza tra: Giappone, Vietnam, Qatar, Cina ed Indonesia? Ha notato grandi differenze anche a livello di strutture ed interesse nei confronti del Futsal?

Mi sono resoconto dalla mia primissima esperienza che non si può, in nessuna maniera, fare copia/incolla. La mia visione del Futsal in Italia, ad esempio, non si può riprodurre e riportare in ogni minimo particolare in Asia. Ogni paese è diverso: c’è un differente modo di pensare, una diversa struttura fisica, una storia, un’alimentazione totalmente differente. Ho dovuto quindi modificare ed adattare il mio metodo di lavoro a seconda delle esigenze.

Tra di loro Giappone, dove  in 6 mesi tra l’altro sono stato costretto ad imparare la lingua non avendo a disposizione un traduttore, Cina, Qatar, Indonesia, Vietnam sono realtà totalmente differenti una dall’altra, tutte però mi hanno chiaramente insegnato qualcosa. Ognuna con i propri punti di forza e le proprie problematiche. Reputo praticamente impossibile riuscire a trovare un posto ideale e perfetto sotto qualunque punto di vista. Per carattere e per natura però non sono abituato ad arrendermi senza aver dato prima il mio 100%. L’elasticità mentale è ovviamente la chiave per affrontare al meglio queste esperienze così intense e complesse.

Qual’è stata la tua più grande soddisfazione, per ora, a livello professionale? A livello umano invece?

A livello sportivo ho sempre avuto due sogni: battere il Brasile (e ci sono pochissimi allenatori che nella storia del Futsal possono dire di averlo fatto) –Sergio Gargelli è uno di questi– e giocare il campionato Mondiale, che devo ammettere sta diventando negli anni una mia fissazione. A livello umano ti direi che più che mai sono fiero e consapevole dell’ottimo lavoro svolto con la Nazionale Vietnamita. Mi sono mosso in prima persona per far investire adeguatamente sui giovani, permettere loro di crescere e maturare, non solo da un punto di vista puramente sportivo. Il Responsabile della Federazione Vietnamita, subito dopo la Qualificazione Mondiale ottenuta, mi ha chiamato per ringraziarmi ammettendo commosso che una parte del merito degli splendidi risultati fosse mia.

Scaramanzia a parte, crede che sia possibile realizzare il suo secondo grande sogno sportivo alla guida della Nazionale Cinese? Ha delle buone sensazioni, o crede ci sia ancora un Gap troppo ampio da colmare?

Se devo essere realista il Gap è ampio. In Cina il movimento, tra l’altro, non ha ancora gli stessi numeri del calcio. Si qualificano 5 squadre Asiatiche e 12 sono davanti a noi nel Ranking Fifa; il Gruppo con Bahrein, Uzbekistan ed Indonesia è complesso ma non impossibile. Nei potenziali Quarti di Finale però ti troveresti ad affrontare una tra Iran/Thailandia che sono di un livello superiore al nostro. Dobbiamo portare la partita su quello che sappiamo fare meglio, provando ad imbrigliare gli avversarsi e sperare di trovare la giornata giusta da un punto di vista fisico e mentale. I giocatori sanno che bisogna rincorrere un sogno, stiamo lavorando infatti moltissimo per provare a realizzarlo.

In Vietnam ho lavorato 4 anni: abbiamo battuto il Brasile e pareggiato contro l’Italia nell’ultimo anno. È necessario tempo, pazienza e passione.

Crede che la strada della Naturalizzazione, che sta provando a percorrere con tutte le difficoltà del caso, la nazionale Cinese di calcio, possa essere una soluzione a breve termine interessante o meno?

Ci saranno sicuramente risultati nel breve termine, infatti non la considera assolutamente una scelta errata. Dal mio punto di vista però Club e Nazionale sono due cose ben distinte, i miei criteri, chiaramente, non sono quelli della Fifa che invece permette determinate manovre. Ci sono interessi socio-economici, nel calcio di oggi, che ovviamente sorpassano per importanza e valore determinati principi etici.

L’errore secondo me è stato quello di non perseguire la strada della naturalizzazione già 5-10 anni fa, vedi l’esempio vincente del Qatar, ora bisogna “accontentarsi” di quello che offre il mercato della Chinese Super League. Bisogna pianificare nel medio-lungo termine, farlo non è assolutamente semplice. Sotto questo punto di vista ovviamente, almeno in Cina, c’è anche da affrontare un discorso culturale-sociale che non può essere sottovalutato.

Un’ultimissima domanda, decisamente più leggera, qual’è stata fin’ora la sua grande ispirazione professionale? Con quale allenatore amerebbe, magari, lavorare assieme in un prossimo futuro?

Mi reputo uno zingaro, un Globetrotter del Futsal, mi piace dopo 4-5 anni di permanenza in un paese provare una nuova avventura, una nuova esperienza. Non nego infatti che in un futuro mi piacerebbe entrare nel mondo del calcio come assistente: credo infatti che la metodologia di lavoro del Futsal possa dare grandissimi vantaggi sia nella formazione del calciatore, sia nell’alta competizione (orientamento corporale, miglioramento finalizzazione, gioco tra le linee).

Mi piace moltissimo il calcio di Guardiola, per me è il numero uno in assoluto, amo i Manager propositivi chi prova ad imporre il proprio gioco (Gasperini, Sarri…). Personalmente nasco come integralista: imporre/portare la proprio idea di calcio qualunque siano i giocatori a disposizione, mi sono resoconto che però è molto, molto complesso. In Cina infatti sto portando avanti un’idea di gioco totalmente differente, sennò sarei destinato a fallire ancora prima di scendere in campo.

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