La Cina non è un paese per giovani calciatori (Prima Parte)

Uno dei luoghi comuni tipici della Cina calcistica, è che non esistono spazi per praticare in maniera libera e spensierata questo sport, a causa dell’urbanizzazione selvaggia che ha colpito il gigante asiatico negli ultimi trent’anni. A margine del China World Football Expo dello scorso dicembre, il presidente dell’Aiac, Renzo Ulivieri, in un’intervista a Radio Cina Internazionale ha dichiarato: “Il calcio è uno sport del popolo, e non può essere uno sport di pochi. Se vogliamo migliorarlo, ci vogliono strutture, ma non strutture di grandi costi. Si deve partire dal recupero di piccole aree, dove i bambini possano andare a giocare a pallone. Ci vogliono spazi liberi e laddove questi spazi non ci sono, basterebbe, per qualche ora, toglierli alle macchine e lasciarli ai bambini”.

“Poi ci vogliono insegnanti” – prosegue Ulivieri – “e ci vuole che i ragazzi abbiano del tempo per andare a giocare a calcio. In questo momento la scuola italiana sta sbagliando, perché i nostri ragazzi passano troppo tempo in aula e poco fuori. Ma bisogna tornare indietro, i bambini hanno diritto al gioco. I bambini per cominciare a praticare questo sport hanno bisogno di spazi di 40 x 30 metri. Spazi liberi dove possano andare a giocare quando vogliono. Se noi pensiamo di risolvere tutte le cose con le scuole calcio, è dimostrato anche in Italia, non ce la facciamo. Ci vogliono le scuole calcio, ma ci vuole anche che i ragazzi vadano a giocare nelle strade o nelle piazze”.

Questi spazi a cui fa riferimento Ulivieri esistono in Cina, e si trovano ad ogni angolo, ma nessuno li utilizza per giocare a calcio, sport che viene praticato quasi esclusivamente nelle scuole calcio, dalle strutture pubbliche alle academy dei club europei, al grande istituto del Guangzhou Evergrande, fino ai (pochi) campi in affitto per giocare a calcetto.

In questo nostro viaggio fotografico, realizzato in esclusiva da Calcio8Cina, il nostro scopo è quello di dimostrare uno dei più grandi problemi allo sviluppo di base del calcio cinese. In precedenza, in collaborazione con l’Ultimo Uomo, avevamo evidenziato alcuni problemi e contraddizioni della società cinese per rispondere alla domanda ‘Perchè i cinesi non sono bravi negli sport di squadra’, parlando sia di sviluppo del linguaggio (dunque capacità cognitive ed intelligenza emotiva) fino all’educazione scolastica. In questa nostra nuova analisi prendiamo in considerazione ulteriori elementi della società cinesi per verificare ulteriori aspetti nell’ambito sportivo.

Premettiamo che non è nostra intenzione dare un giudizio positivo o negativo alla società cinese e su come i bambini o genitori spendono il loro tempo e risorse. Dopotutto si tratta di un mondo con un background ed una filosofia per certi versi opposta alla nostra. Quello che vogliamo dimostrare è che in Cina non esiste una cultura calcistica proveniente dal basso, ma questa, viene calata dall’alto con scarsi risultati.

Spazi Vuoti

Vivo a Pechino da oltre un anno e mezzo ed in tutto questo tempo mi sono reso conto di non aver mai visto bambini giocare liberamente a calcio come siamo abituati a vedere in Italia o nel resto d’Europa. Sono quattro anni che il Governo Cinese assieme alle autorità Sportive ed al ministro dell’Educazione ha emanato la Riforma per lo sviluppo del calcio con lo scopo di andare a riprogrammare l’intera attività di base e diffondere la cultura calcistica in tutto il paese. Tralasciando i risultati della Nazionale Maggiore e anche quelli delle selezioni giovanili, che son disastrosi su tutti i fronti, il futuro per il calcio cinese appare essere più buio considerando che, nonostante gli sforzi, il calcio non è ancora nemmeno lontanamente un elemento radicato nella cultura del popolo cinese, bensì, si trasforma in un modello di Business che può essere molto redditizio come andremo a vedere.

Risiedo a nord di Pechino, alla fine del distretto di Chaoyang, dunque nei pressi del quinto anello della città, ma comunque, grazie ai trasporti molto efficienti, per la zona Stadio dei lavoratori (Sanlitum) od il centro della vita universitaria a Wudakou, sono solo 30 minuti di metro. L’area attorno a Lishuiqiao è relativamente nuova e non vi è nulla di particolarmente esaltante da fare, il ritmo della vita è piuttosto tranquillo nonostante il traffico sempre congestionato e nelle giornate di sole il tempo sembra andare al rallentatore. Non vi sono Discoteche o Pub internazionali nei quali andare a bere, in questa zona di Pechino, così come nelle aree al di fuori del secondo anello, troviamo Torri di appartamenti, grossi Shopping Mall, Ristoranti, Palestre e spazi Verdi. Più o meno tutto quanto si assomiglia, come nelle città di terza e quarta fascia, dove la vita notturna termina alle dieci di sera.

Il calcio come elemento spontaneo, auspicato da Ulivieri nell’intervista sopra riportata, non esiste, nonostante gli spazi che vi sono a disposizione. A Pechino, gruppi di edifici sono formano le comunità, le quali presentano uno o più cortili interni, con spazi verdi e parchi giochi per bambini con scivoli ed altre attrezzature. All’interno della mia comunità vi sono almeno due grandi piazzali liberi nei quali giocare, più un campo da tennis oramai abbandonato, ma non vi ho mai visto gruppi di bambini improvvisarvi partite di calcio. Questi spazi sono maggiormente utilizzati dagli anziani, che con passo lento scrutano gli alti edifici, accompagnati dai loro nipoti.

Esco di casa per una corsa. Alla mia destra vi è il ponte sul quale passa la Linea 13 della Metro. Sul lato opposto della strada vi è un grosso cancello, il quale conduce ad una struttura che ospita diversi campi da calcio di diverse misure (3v3, 5v5, 8v8 e 11v11). Si tratta di una delle poche strutture pubbliche da poter affittare per partite fra amici o l’organizzazione di Leghe Amatoriali. I prezzi sono anche molto contenuti: affittare per due ore un campo da calcio a 5 costa 500rmb (66 euro circa), anche se c’è da dire che non sono muniti di spogliatoi.

A partire dalla primavera, con il ritorno del bel tempo, a partire da aprile, quando tornavo a casa dal lavoro, nel taro pomeriggio, ed in particolar modo nel weekend, vi erano gruppi di bambini in età di scuola primaria che si allenavano con coach cinesi. Si tratta di una società che offre servizi di training, con i genitori che seguono la sessione da bordo campo. Il problema è che questi centri sono cosa piuttosto rari a Pechino e non sono presenti in ogni distretto,come riscontro dall’app Winwin, che utilizzo per prenotare i campi per giocare a calcetto. Il resto dei campi da calcio si trova all’interno delle scuole o delle Università e non sono accessibili al pubblico.

Esco dalla zona dei campi da calcio, attraverso la strada per tornare sul lato di casa mia, nei pressi del ponte ci sono due grossi piazzali, circondati da alberi e panchine. Sono due aree vuote, nelle quali gruppi di anziani o di famiglie con bambini al seguito percorrono per fare una passeggiata. I bambini pedalano una bicicletta o corrono in monopattino, ma mai nessuno si porta con se un pallone. Eppure questo spazi sarebbero perfetti ed ampi per poter giocare liberamente a calcio. Proseguo la mia corsa verso nord. Dopo un centinaio di metri sulla destra mi imbatto in un agglomerato di ristoranti e Supermarket, scendendo le scale ci ritroviamo all’interno di una piazza circolare, anche questa decisamente ampia, con le stesse caratteristiche delle due precedenti, ma ancora una volta, nessun bambino che gioca a calcio. Mai visto nessuno.

Dopo cinque minuti di corsa giungo alle porte di un grande parco, la cui strada principale si estende per oltre un chilometro, tutto attorno a me vi sono ampi spazi per poter giocare. A inizio percorso, svoltano sulla sinistra, vi è una spiaggia di sabbia a ridosso di un laghetto, uno spazio che ho notato solo recentemente e che si presenta come una piacevole oasi in una città dominata dal cemento. Le famiglie si riuniscono qui nel fine settimana, i bambini costruiscono castelli di sabbia o giocano con gli aquiloni, mentre di palloni non vi è nemmeno l’ombra.

Esco dal parco e continuo la mia corsa, mi ritrovo di fronte ad un complesso militare, che si staglia di fronte a me oltre ad un ponticello, costeggiando la struttura mi ritrovo di fronte ad uno spazio pubblico con tre campetti da Basket ed uno di Calcio a 5. A differenza del complesso calcistico visionato in precedenza, questi sono spazi gratuiti. La maggior parte dei ragazzi più maturi giocano a basket, mentre all’interno del piccolo campo da calcio vi sono circa una ventina di persone, fra genitori e bambini, in un contesto libero e completamente disorganizzato, ingolfato dalla grande densità di persone.

Quello che mi colpisce, è il fatto che durante il mio percorso, oltre al cortile interno di ogni comunità, ho contato tre piazzali adatti dove poter giocare a calcio e improvvisare partitelle (senza dar fastidio a nessuno), oltre naturalmente a tutto lo spazio verde nel parco e alla spiaggia, ma quelle famiglie, per giocare, si erano radunate proprio in un campo da calcio, come se non avessero alcuna nozione di quello che è il calcio di strada.

 

Gli Hutong non sono le Favelas

Nell’immaginario collettivo, le Favelas in Brasile sono quei luoghi nel quale si forma spontaneamente il talento calcistico, dato che questo sport è spesso l’unica sana via d’uscita da un contesto sociale disperato nel quale regna la criminalità e la corruzione. Le Favelas per noi stranieri rappresentano un tratto distintivo dell’urbanistica brasiliana ed è comunque forte il rapporto con il calcio, nonostante la narrazione spesso stereotipata e forzatamente romantica che se ne fa.

In Cina gli Hutong, i quartieri di case basse e vie strette, sono un altro tratto ben impiantato nel nostro immaginario collettivo: nel 1949, anno dell’unificazione della RPC, erano circa 3.000 a Pechino, ma oggi la maggior parte di questi è stata spazzata via dalla selvaggia urbanizzazione e le persone che vi vivevano ricollocate in nuovi appartamenti, dove inevitabilmente il senso di comunità, tipico degli Hutong, si è andato a perdere. Oggi molti degli Hutong sopravvissuti sono stati modernizzati, al fine di divenire attrazioni per i turisti: dove prima vi era lo spirito della vecchia Pechino ora vi sono negozi di souvenir, ristoranti e pub, come possiamo ben vedere negli Hutong nei pressi di Beixingqiao e Lama Temple, ottimi posti nei quali uscire, ma molto distanti dalle loro radici passate.

Sono sempre di meno gli Hutong vecchio stile, dai quali però la gioventù se ne è andata da tempo. Secondo gli intervistati l’età media delle persone che vivono negli Hutong va dai 50  ai 70 anni, in attesa che il governo annunci la demolizione per prendere soldi ed un nuovo appartamento. “Certo, trent’anni fa, prima del boom economico molti giovani vivevano negli Hutong, e praticavamo vari sport, fra cui il calcio. – ci racconta uno degli intervistati, un signore nato a Pechino negli anni ’60. -il nostro era calcio da strada come lo intendi te, ma oggi i giovani se ne sono andati dagli Hutong.”

“Anche quando io ero piccolo giocavamo per strada– racconta un tifoso del Beijing Guoan di 24 anni. –Ma erano altri tempi, oggi i bambini studiano, oppure quando hanno tempo libero preferiscono giocare ai videogame. La cultura del calcio da strada si è persa.”

Continua….

La Cina non è un paese per giovani calciatori (Seconda Parte)