Cina-Hong Kong: le proteste anti estradizione ed i conflitti in ambiti calcistico

Lo scorso due agosto a Pechino, un match giovanile di Hockey fra una squadra di Shenzhen ed una di Hong Kong balza all’attenzione dei media internazionali. Il team hongkonghese stava conducendo agevolmente sul punteggio di 11-2, quando uno dei giocatori è stato pesantemente aggredito da due avversari cinesi scatenando una violenta e brutale rissa che si è propagata a tutti gli atleti in campo. La Federazione Cinese di Hockey ha successivamente emesso squalifiche di un anno per quegli atleti che hanno provocato l’episodio.

Lo scontro fra Cina ed Hong Kong non è limitato ad un campo di Hockey, bensì questi è la diretta conseguenza delle proteste che stanno andando avanti da oramai oltre due mesi nell’ex colonia britannica, con la popolazione che si è mobilitata contro il governo locale e quello cinese per chiedere la revoca della legge sull’estradizione.

La Protesta ad Hong Kong

 La protesta che sta coinvolgendo l’ex colonia britannica è decisamente più grande rispetto a quella del 2014 nota come ‘Movimento degli Ombrelli’, durata oltre due mesi, con lo scopo di ottenere (senza successo), elezioni a suffragio universale.

Sin dal mese di gennaio, la leader di Hong Kong, Carrie Lam, ha presentato un disegno di legge che permette il trasferimento dei presunti criminali verso la Cina, Macao o Taiwan. La decisione, improvvisa e frettolosa, è stata presa a seguito di un omicidio commesso da un honkonghese nell’isola di Taiwan, ma non essendovi una legge sull’estradizione, il colpevole non può essere processato e condannato nel luogo in cui è avvenuto il crimine. Il disegno di Legge ha sollevato preoccupazioni fra tutti gli strati sociali della popolazione di Hong Kong.

Il 9 giugno oltre un milione di persone hanno marciato in strada per protestare e chiedere il ritiro della legge. Il primo luglio,data del passaggio di Hong Kong dalla Gran Bretagna alla Cina, alcuni manifestanti hanno fatto irruzione nel parlamento vandalizzandolo. Carrie Lam e l’esecutivo di Hong Kong hanno optato per sospendere (e non revocare) a tempo indefinito il disegno di legge, ma una nuova marcia che ha infiammato le strade e coinvolto oltre due milioni di persone.

La protesta, le cui dimensioni si stanno allargando giorno dopo giorno, ha coinvolto anche il calcio: lo scorso 24 giugno, allo stadio nazionale di Hong Kong, il Manchester City di Pep Guardiola ha affrontato e battuto per 6-1 la squadra locale del Kitchee FC. Sugli spalti i 20.000 spettatori hanno continuato la propria protesta, ed al minuto 21, tutto lo stadio ha intonato ‘Do you hear the people sing’, per protestare contro un’aggressione nei confronti dei manifestanti avvenuta il 21 luglio a Yueng Long, senza che la polizia intervenisse.

Il calcio è stato spesso luogo di aspri scontri fra Cina ed Hong Kong a livello storico, ripercorriamo dunque quelle che sono stati alcuni degli episodi, di campo e politici, che hanno caratterizzato lo scontro sportivo fra i due paesi.

Nel calcio Hong Kong è storicamente più importante della Cina

Hong Kong ha giocato un ruolo chiave nello sviluppo del calcio asiatico nei tempi pioneristici prima della guerra sino-giapponese e negli anni ’50 con la fondazione dell’AFC.

A Hong Kong nasce la prima competizione calcistica cinese,  il Challenge Shield, nel 1898, (la prima in Asia fu la Duran Cup in India nel 1888) dopotutto fu colonia britannica a seguito della Guerra dell’Oppio, e quindi ha subito maggiormente l’influenza culturale del popolo inglese. Se nella Cina continentale la prima federazione veniva fondata nel 1924 (poi trasferitasi in Taiwan), a Hong Kong fu istituita nel 1914, con i campionati che iniziarono a disputarsi nel 1908. In Cina si tenevano solamente i Giochi Nazionali ogni 4 anni, mentre per i veri e propri campionati bisognerà attendere il 1951.

478_o

Ad Hong Kong nacque uno dei più grandi giocatori nella storia del calcio asiatico: Lee Wai Tong (1905-1979). Figura leggendaria, militava nel club South China partecipando al campionato della Colonia Britannica ed ha rappresentato la Nazionale della Repubblica Cinese per oltre un decennio, trascinandola alla vittoria dei Far East Games (una sorta di Olimpiadi dell’est asiatico) per cinque edizioni consecutive dal 1923 al 1934, oltre ad essere stato il porta bandiera durante le Olimpiadi tedesche del 1936.

L’incidente del 519

Probabilmente si tratta del confronto maggiormente iconico fra Cina e Hong Kong, quello per le Qualificazioni Mondiali del 1986, quando all’ultima giornata del primo turno, il 19 maggio del 1985, la squadra della Repubblica Popolare perse in casa per 2-1 a Pechino, allo Stadio dei Lavoratori, di fronte a 60 mila spettatori.

Il rapporto fra i due paesi era abbastanza teso in quanto nel 1984 fu sottoscritta la dichiarazione congiunta fra Cina e Gran Bretagna, un accordo per il trasferimento della sovranità di Hong Kong alla Repubblica Popolare Cinese a partire dal 1997. Hong Kong sarebbe stata trattata come una regione amministrativa speciale, conservando le sue leggi e un alto grado di autonomia per almeno 50 anni.

Il match decisivo per l’accesso al secondo round si disputò allo stadio dei lavoratori di Pechino con Hong Kong che prevalse per 2-1. Al momentaneo vantaggio degli ospiti su un bellissimo calcio di punizione che si insaccò sotto l’incrocio dei pali, rispose il centrocampista Li Hui (Beijing). Il gol della condanna giunse nel secondo tempo con la firma di Kum Fam Kai, il quale approfittò dell’imbarazzante svista difensiva di Lin Lefeng, che concluderà quel giorno la sua avventura in nazionale.

La disfatta porta vari nomi: il “519” o “l’incidente del 19 maggio”. Seguirono violenti scontri nei pressi dello stadio fra la tifoseria cinese e le forze di polizia. La popolazione era frustrata per aver visto svanire ancora una volta il sogno mondiale e per lo scarso livello di gioco mostrato in un’occasione così decisiva. I media presero la palla al balzo per tenere vivo il fervente nazionalismo cinese contro Hong Kong e la sua democrazia con una identità fortemente occidentale.

Fischiare il proprio inno

Nel 1997, quando la Gran Bretagna ha definitamente ceduto la sovranità di Hong Kong, è cambiato anche l’inno nazionale all’interno della ‘Regione Amministrativa Speciale’, da God Save The Queen a La Marcia dei Volontari della Repubblica Popolare Cinese.

Nel 2015 Cina ed Hong Kong si sono affrontate per due volte nel giro di pochi mesi per il secondo turno delle qualificazioni al Mondiale russo. In un clima di forte tensione -a meno di un anno di distanza dalla manifestazione honkonghese nota come ‘Movimento degli Ombrelli’ che bloccò la città per oltre due mesi- la Cina non riuscì in entrambe le occasioni ad andare oltre lo 0-0, rischiando di compromettere in maniera il proprio cammino verso il terzo turno. Il 17 novembre del 2015, a seguito del secondo pareggio, la Chinese Football Association decise di esonerare l’allenatore francese Alain Perrin.

In entrambe le occasioni, prima della partita fu suonato un solo inno, ma mentre una parte dello stadio cantava, un’altra rimaneva in silenzio, mentre una minoranza cercava di prevalere a suon di fischi. Dal giugno del 2015, infatti, la popolazione di Hong Kong, durante gli eventi sportivi, ha iniziato a fischiare l’inno cinese. A nulla sono serviti gli ammonimenti della FIFA e della AFC oltre alle multe inferte alla Federazione Locale.

Anche la legge promulgata dal parlamento di Hong Kong nel novembre del 2017 che identificava il non rispetto dell’inno come reato, non ha fermato questo fenomeno con i tifosi che piuttosto che fischiare, espongono dei cartelloni con su scritto ‘Booo’. Attualmente Hong Kong è un caso più unico che raro, nel quale il popolo calcistico fischia il proprio inno.

Girone Politico

Un malevole scherzo del destino: nelle qualificazioni al campionato asiatico di Futsal che si disputerà in Turkmenistan nel 2020, la Cina è finita in un girone alquanto folle, con Hong Kong, Taiwan e la Mongolia, probabilmente nel periodo di maggior tensione con gli altri paesi.

L’Isola di Taiwan è inoltre un’altra questione delicata per il Partito Cinese, a partire dalla fine degli anni ’60 è stata riconosciuta la One China Policy, con molteplici paesi che hanno interrotto i rapporti diplomatici con Taiwan, che oggi risulta essere completamente isolata.

I rapporti politici e commerciali fra Cina e Mongolia sono nettamente migliorati negli ultimi decenni dopo le tensioni nel periodo della Guerra Fredda, ma nell’opinione pubblica del popolo mongolo, vi è il timore che il Governo Cinese possa andare ad esercitare un’influenza sempre maggiore nel territorio, essendo l’economia della Mongolia sostanzialmente dipendente da quella della Cina, scatenando nell’opinione pubblica un sentimento di nazionalismo e al fine di preservare la propria identità