Questa AFC Champions League è un problema allo sviluppo del calcio asiatico

Con i campionati asiatici, in primis Cina, Arabia Saudita e Giappone, che stanno attraendo star internazionali di elevato spessore, e l’emergere di talenti interessanti anche nelle nazionali minori, quello che sta frenando lo sviluppo per un ulteriore salto di qualità sono le manifestazioni continentali per club, l’AFC Champions League, ma anche la superflua AFC Cup.

Se in Europa si sente la necessità della creazione di una Super Lega in quanto i campionati nazionali hanno oramai perso d’appeal dal punto di vista della competitività per la persistenza di un monopolio o duopolio nelle principali leghe, il contesto asiatico si trova in un punto nel quale deve necessariamente essere più inclusivo per quanto concerne le proprie manifestazioni per club, nelle quali vige una gerarchia che cerchiamo di semplificare con questa espressione: i forti giocano con i forti nella AFC Champions League e i deboli con i deboli nella AFC Cup.

Salta subito all’occhio come ad est, a meno di clamorose sorprese nel terzo ed ultimo turno preliminare, delle 16 squadre presenti ben 12 proverranno da Cina, Corea del Sud e Giappone (quattro a testa), due dall’Australia, e una a testa da Malesia e Thailandia. Saranno sempre sei le nazioni rappresentate nella West Zone, ovvero Qatar, Arabia Saudita, UAE, Iran, Uzbekistan, e da quest’anno pure l’Iraq. Il problema fondamentale è che i club di queste nazioni, che hanno posti garantiti nella fase a gironi, anche se perdono uno dei turni preliminari, non potranno prendere parte alla AFC Cup, che rappresenta la manifestazione riservata solo ai club della nazioni ‘minori’ quali Corea del Nord, Indonesia, Filippine, Kuwait, Libano ecc…

Come abbiamo assistito in questi primi due turni preliminari, i match non si svolgono con la formula di andata e ritorno, bensì partita secca in casa della squadra la cui Nazione gode di un ranking più alto. Per cui ci ritroviamo di fronte ad una situazione, nel quale, gli iracheni dell’Air Force, per tre anni consecutivi campioni dell’AFC Cup, perdono per 2-1 in Uzbekistan venendo eliminati, senza la possibilità di ribaltare la situazione in casa. Oltre al danno la beffa, l’Air Force non potrà difendere il titolo in AFC Cup, in quanto incapace di essere retrocesso: infatti nella fase a gironi della AFC Champions League è automaticamente qualificato l’Al Zaawra, campione d’Iraq.

Alcune squadre che hanno perso i preliminari, come i birmani dello Yangron United o il Kitchee di Hong Kong verranno retrocessi in AFC Cup, ma questa sorte non si applicherà per i thailandesi del Bankok United, ed eventualmente anche per i connazionali dello Chiangrai o i malesi del Perak impegnati nel terzo ed ultimo turno preliminare rispettivamente contro Ulsan Hyundai e Sanfrecce Hiroshima (rigorosamente in gara secca in trasferta). Di per se l’AFC Cup è una competizione dal livello molto basso, ma con l’esclusione ingiustificata di queste realtà che stanno emergendo diviene quanto mai irrilevante.

L’AFC Champions League inoltre, senza dar la possibilità a squadre minori di potersela giocare quantomeno alla pari, rischia di fossilizzarsi sulle solite realtà che riescono a rimanere stabili ai vertici dei rispettivi campionati, data anche la suddivisione fra est ed ovest fino alla finale, la quale è giustificabile fino alla fase a gironi, ma dagli ottavi di finale in poi rende la manifestazione ancora più statica. Eppure nel corso di questi anni alcune realtà del sudest asiatico hanno dimostrato di potersi meritare più spazio, in particolar modo i thailandesi del Buriram e del Muanghtong sono stati in grado di accedere agli ottavi di finale.

L’AFC Cup deve essere inoltre ripensata totalmente da capo, includendo club di tutte le nazionalità, in modo da andare a ricreare anche la SuperCoppa d’Asia, manifestazione che è stata abolita dopo il 2002 (l’incontro era fra la vincitrice della Coppa Campioni e la Coppa delle Coppe, altra competizione abolita dopo il 2002 per la riforma continentale).

L’attuale situazione delle competizioni continentali, aspetto alquanto grave, non permette ai club di monetizzare: il montepremi attuale per una squadra che vince la Champions (trionfando in tutte le partite), è di appena cinque milioni di euro (quattro dati dalla finale!), il che significa che, a meno che non si sollevi al cielo il trofeo, a causa di spese di viaggio e visti,  si finisce con l’accumulare delle perdite, con la conseguenza che alcune squadre, snobbano la manifestazione.

Altro aspetto molto grave è l’affluenza allo stadio, decisamente irrisoria per alcune nazioni che dovrebbero fare da traino al movimento asiatico, quali Corea del Sud e Australia, che si attestano entrambe sotto i 5.000 tifosi a partita in media, mentre il Giappone attorno ai 12.000; un risultato desolante che deve portare a delle profonde riflessioni per rivitalizzare una competizione che sta attraversando un lento declino.